Con il neologismo Spotpolitik, l’autrice si riferisce a quel tipo di comunicazione politica che si riduce a uno spot pubblicitario, a uno slogan banale e superficiale unito a uno sfondo dai colori tenui e rassicuranti. Un’analisi, la sua, che non salva nessuno degli schieramenti politici attuali e tenta di promuovere una riflessione sugli errori commessi finora e sulle debolezze di un simile genere comunicativo. Iniziativa utile anche per i cittadini, “Per scoprire come sia stato possibile accettare (e votare) quella roba.”
Nel tracciare un quadro della comunicazione politica dell’ultimo decennio, è obbligato l’accenno alla rivoluzione del linguaggio operata da Berlusconi, vero antesignano nel riscorso alle tecniche pubblicitarie per la propagazione di messaggi politici, nonché strenuo promotore dell’uso del linguaggio comune. L’analisi, però, non si ferma a questo. Vengono, infatti, prese in esame intere campagne elettorali e discorsi politici di entrambe le fazioni, così come singole metafore di cui si sono serviti i personaggi della politica e la sintassi di altri. Si scopre, così, come il difetto, dal punto di vista comunicativo, non sia tanto la vuotezza di contenuti e argomenti politici, quanto il modo di comunicarli.
Chi sembra non aver recepito, o non voler accettare, il cambio di direzione verso un linguaggio più semplice sono i partiti di centrosinistra. Sono loro, infatti, a uscire sconfitti da questa analisi. La maggior parte dei politici di sinistra è rimasta ancorati a un linguaggio difficile che soddisfa solo la parte dei “fedelissimi”, sempre più esigua a dire il vero, ma che non attrae quella sempre più nutrita fetta di indecisi su cui, invece, i partiti dovrebbero saggiamente puntare. Anche rispetto all’utilizzo del web, sebbene la
sinistra possa dire di essersene servita abbastanza presto, il risultato sembra piuttosto deludente. Tentativi poco dinamici quelli a cui si è assistito, che denotano una sottovalutazione delle potenzialità di un mezzo che, per altri partiti come il Movimento Cinque Stelle, è stato invece fondamentale per raggiungere l’elettorato.
Un’indagine che tocca i punti nevralgici della politica italiana, con un occhio di riguardo alla situazione femminile, cui dedica un intero capitolo. Lungi dallo scadere in facili moralismi, Spotpolitik ha il pregio di essere un lavoro che, con ironia e disincanto, dimostra come non basti scimmiottare gli avversare o gli americani per fare politica, ma sia indispensabile saper comunicare, oltre che, molto più semplicemente, avere qualcosa da comunicare.
Giovanna Cosenza
Spotpolitik. Perché la “casta” non sa comunicare
Roma-Bari, Laterza, 2012, 218 pp.
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