Il quotidiano "L'Osservatore Romano", in occasione del suo cinquantesimo anniversario, ha organizzato in Vaticano, il 10 novembre 2011, un incontro relativo al rapporto, complicato e difficile, tra Chiesa cattolica e media. Giovanni Maria Vian, giornalista e direttore de "L'Osservatore Romano" ha raccolto gli otto interventi susseguitisi durante la giornata, tenuti da personalità e professionisti differenti: due docenti di storia contemporanea (Andrea Riccardi e Lucetta Scarafia), cinque giornalisti non italiani(John L.Allen, Paul Badde, Jean-Marie Guénois, John Hooper e Antonio Pelayo) e un cardinale (Gianfranco Ravasi).
Il libro si apre proprio con il discorso del cardinale Ravasi, il cui intervento risulta particolare per la sua appartenenza al clero. Ci si aspetterebbe, infatti, che egli sostenesse posizioni di assoluta difesa dei metodi comunicativi della Chiesa cattolica. Ma non è così: egli, attraverso una lunga ed articolata analisi, sostiene che la Santa Sede non dovrebbe rinchiudersi in se stessa e isolarsi dal mondo moderno, perché ciò significherebbe allontanarsi dai suoi fedeli.
Questa linea è sostenuta anche da altri professionisti dei quali vengono riportate le riflessioni: non viene richiesto alla Santa Sede di modificare i contenuti e principi religiosi su cui si fonda, anche se a molti sembrano scontrarsi con la modernità e la secolarizzazione, bensì il modo e le parole con cui questi vengono comunicati e diffusi: il rapporto tra la sede del papato e i media è così incisivo e influente sull'opinione pubblica e sullo stesso mondo cattolico, che gli errori mediatici compiuti dal Papa hanno permesso l'apertura di dibattiti mondiali su questioni delicate.
Questo viene dimostrato riportando aneddoti e modalità comunicative dei diversi papi che si sono succeduti nella seconda metà del '900: Paolo VI, Giovanni Paolo II e papa BenedettoXVI.
Con papa Paolo VI, e in particolare con l'enciclica Humanae Vitae, sembra incrinarsi quel rapporto solido che si era creato tra il cristianesimo e la comunicazione. Sembra proprio questo il punto in cui il filo si interrompe. Negli anni successivi, la relazione tra i media e la Chiesa è progressivamente peggiorata, fino ad arrivare al culmine della sua rottura con gli errori mediatici compiuti da papa Benedetto XVI.
E' da sottolineare, dunque, come sia importante la comunicazione che proviene dalla Santa Sede, e come la mala gestione di questa comporti la degenerazione delle informazioni provenienti da Roma e dei significati delle parole pronunciate dal Papa.
La comunicazione tra media e Chiesa, però, per essere trasparente ed efficace, richiede anche un impegno da parte dei professionisti della comunicazione, che non devono incorrere in scorrettezze o negligenze professionali. I giornalisti devono evitare di scivolare nella ricerca superficiale di scandali per poter "fare notizia". E' anche per questo che spesso le informazioni provenienti dalla Chiesa cattolica sono caratterizzate da tempeste mediatiche ricche di distorsioni e omologazione di posizione.
La lettura dei saggi rende chiaro come l'atteggiamento comunicativo della Chiesa e le necessità mediatiche non concilino, portando così alla nascita di incomprensioni.
La lettura del libro è scorrevole, nonostante la particolarità e la delicatezza dei temi trattati. Risulta però necessaria la conoscenza della materia e delle vicende che hanno investito il papato e il mondo della Chiesa cattolica, almeno negli ultimi 50 anni: viene data per scontato una conoscenza approfondita di questi eventi.
La lettura è quindi consigliata a chi è appassionato di questi temi, relativi alla comunicazione proveniente dalla sede del Vaticano, ma è utile anche per chi voglia avere una chiara idea di come avvenga il processo mediatico e di come fatti e parole si trasformino rapidamente in notizie che fanno il giro del mondo.
Monica Laisi
Il filo interrotto. Le difficili relazioni tra il Vaticano e la stampa internazionale, a cura di Giovanni Maria Vian
Milano, Mondadori, 2012, 145 pp.
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