Viviamo, per nascita contemporaneamente in due mondi, due comunità: nel cosmo (la natura) e nella polis (la città/stato). L’individuo è radicato in un cosmo, ma vive in città diverse, in territori diversi, diversi etnicità, gerarchie, nazioni e religioni. Ciò non genera esclusione, piuttosto produce una forma di appartenenza plurale inclusiva. Pertanto, tutti gli esseri umani sono uguali, ma appartengono a diversi stati, organizzati ed unità territoriali (polis). Nonostante questa pluralità, esiste un tabù mediatico che si impegna nel deferenziare l’uomo in orientale o occidentale, buono o cattivo, ricco e povero, io e l’altro. L’essere umano deve essere capito in una gamma di chiaroscuri e nello sfumature di colori. Per questo si ha bisogno d’informazione, sensibilità culturale, contesto sociale, politico, ecc. per potere canalizzare e riuscire a fare una critica ed una opinione con responsabilità.
A questo si riferisce Roger Silverstone quando racconta la storia di un fabbro afgano; un racconto molto illustrativo che fa capire il significato d’ un tabù mediatico fra la definizione dell’"altro". La vita, il pensiero, le abitudini, la cultura, l'educazione, la lingua, le tradizioni, ecc. Ogni essere umano è uguale a me, però con tutte le sue differenze.
Oggi, nel mondo globalizzato e grazie ai media (i giornali, la radio, la televisione e il web) é possibile guardare lontano. Cosa significa questo? Significa che guardiamo attraverso un telescopio moderno (i media) il mondo ed a gli altri. Una mescola di culture polifoniche: il termine polifonia si definisce in musica uno stile compositivo che combina 2 o più voci (vocali e/o strumentali) indipendenti, mantenendosi differenti l’una dall’altra sia dal punto di vista melodico che ritmico, pur essendo regolate da principi armonici. Questo concetto descrive perfettamente il termino culture polifoniche, che osserviamo da lontano, dove ogni una si combina in voce, "la rappresenta" a livello internazionale, oppure "la esclude", al non essere presente in quel momento, in una scena globale.
Attualmente, è molto frequente questa ultima tendenza a escludere, criticare, etichettare, classificare, sub estimare all’ altro, attraverso lo che si vede e sente, però senza etica e responsabilità di stare veramente informato. Così, si prende con molto leggerezza una notizia e le informazione sull’altro. E responsabile tanto chi trasmette, tanto chi riceve la notizia (giornalisti, registi, narratori, produttori di immagini, i propri soggetti, spettatori ed ascoltatori) indagare sulle fonte più genuine della informazione.
Per altra parte, si può parlare dell’esistenza di’ una enorme disuguaglianza. Disuguaglianza di acceso alla informazione, a la educazione, ad essere partecipe e portavoce culturale delle minoranze(che tante volte non hanno acceso ai media locali come un radio o televisione, di meno si può pretendere a parlare dei media globali). Dove il potere di sua voce resta nascosto, ignorato, sub estimato, per il fatto che se no è visibile in media, si può credere che non esiste.
Come interferisce questo potere in media e cosa è il potere? Il concetto di potere per Machiavelli, è stato la capacità che ha un governante (Il Principe) di vincere a suoi avversai. Dominare sui sudditi e perpetuarsi in quello stato di potere, dove, per potere arrivare a questi obiettivi, qualsiasi mezzi sono stati giustificati. Così, in una frase, Machiavelli diceva: che il fine giustifica i mezzi. Quindi, il Potere dei media è un arma a doppia lama, perché può essere vincolo di unione e allo stesso un indicatore di separazione fra le culture, le minoranze e il uomo. Cosi, come può alzare la voce e dare a conoscere una cultura sconosciuta, uno stilo di vita: le tribù persi come la Zoè (comunità primitiva del Brasile), condannare una tribù urbana de delinquenti come Los Salvatruchas (originari d’ El Salvador, presente in Guatemala, Honduras, Messico e gli Stati Uniti). Può esibire o cancellare una identità. Si a questo, aggiungiamo che il potere e immerso in una riviera d’ interessi politici che favoriscono ai particolari, non è veramente genuino lo che a volte si può trasmettere e ricevere noi gli espettori (si anche siamo apatici, passivi a cercare diverse fonti d’ informazione), quindi attraverso i media che usano la notizia, si può arrivare a disinformare, manipolazione, ingannare, usufruire ed creare uno spazio d’ ignoranza in un popolo che non ha la responsabilità d’ indagare, leggere, investigare, sostentare quello che li arriva in forma di notizia.I mass media, come internet, contribuisce alla diffusione delle arene di attività politica e culturale, spingendole anche verso i margini e le periferie. Può significare la medicina o il veleno.
Insomma, il principale ruolo culturale dei mezzi di comunicazione di massa consiste in questo: una media-zione infinita tra deferenza e uguaglianza. Media è uguale allo spazio del apparire, della apertura d’una finestra alla comunicazione col mondo, con gli altri, con la cultura polifonica, con la pluralità oppure la disuguaglianza. Una volta che i mezzi di comunicazione hanno aperto una finestra sul mondo, non possiamo certo fare finta che là fuori non ci sia niente.
Per concludere: é vitale, svolgere una responsabilità verso quello che si vede e si ascolta. E la semplice visione di certe immagini non significa certo che ci crediamo in condizionalmente né che le comprendiamo appieno, per capire non basta guardare.
Dovemmo indagare, mettere in dubbio quello si vede, che si sente in nostra società e ‘vita pubblica’.
Sandra Nelly Flores Ugarte
Roger Silverstone
Mediapolis. La responsabilità dei media nella civiltà globale.
Milano, Vita e Pensiero, 2009, pp. 311.
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