Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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03 febbraio 2018

Grazia Cherchi: matrona della Repubblica delle Lettere

Recensire l’elegante raccolta degli scritti di Grazia Cherchi con lo spirito irrimediabilmente segnato dalle saette, stilisticamente fulgide e sardonicamente impietose, con cui si abbatte sui cattivi recensori dal cuore di servo, significa puntarsi una pistola alla tempia e giocare alla roulette russa a ogni parola vergata. È un rischio che tuttavia deve essere corso, giacché, al prezzo, tutto eventuale, di un solo recensore, magari incosciente, ma di comprovata buona volontà, i lettori appassionati di ieri e di oggi potranno forse scoprire o riscoprire un tesoro da sfogliare e un’amica da consultare. La raccolta, a cura di Roberto Rossi, è una selezione di articoli, recensioni e interviste che percorrono il quindicinale lavoro che la Cherchi (1937-1995), una matrona della Repubblica delle Lettere, scrittrice, giornalista e -soprattutto! - curatrice editoriale, ha svolto per quotidiani, periodici e riviste. Questi sono presentati in primis secondo argomento e quindi cronologicamente. Una breve collezione di J’Accuse contro il mondo editoriale, garbatamente spassosi, deliziosamente crudi, e tragicamente sinceri, apparsi su Panorama e l’Unità tra il 1985 e il 1992, costituiscono la gustosa Ouverture dell’opera; le recensioni competenti, sintetiche e briose, nell’elogio e nella stroncatura, il suo corpo, agile e levigato sino al dettaglio ;  le interviste e i ritratti il drammatico finale, dove numerosi – ma sempre pochissimi, per la Cherchi- tra i migliori autori del dopoguerra (tra gli altri Benni, Fortini, Cederna, Arbosini, oltre al “giovane” Michele Serra), rispondendo a quesiti personali o stimolanti, come se si fossero accordati tra loro, paiono unanimi nel descrivere un paese, l’Italia, dove l’intellettuale è, talvolta felicemente, solo, sono più quelli che scrivono che quelli che leggono, e gli ideali social-comunisti, di cui pure la Cherchi stessa era fiero alfiere, sono naufragati. Sorvolando sulla prima parte, che andrebbe letta da chiunque non abbia timore di sorridere ininterrotto per una buona mezz’ora, sulla dimensione fantozziana dell’editoria nostrana, la Cherchi colpisce per come nelle sue recensioni riesca a combinare un eloquio elevato e un approccio colloquiale, quasi intimistico. In ogni “pezzo” in poche righe alle critiche amalgama citazioni forbite a simpatici aneddoti dal sapore sconsolato a giudizi sferzanti sulla società. Stronca spesso, più spesso e più volentieri presenta autori che “devono” essere letti. I suoi criteri di accettabilità sono vertiginosamente alti, come se i libri consigliati dovessero essere per lettori e lettrici donne e uomini ideali, “per la vita”, belli, buoni, colti, e svegli, e non si potessero tollerare liaison con i midcult, l’equivale delle bionde fascinose e un po' oche, o dei Marcantoni senza cervello. Nelle interviste, l’arguzia, l’intelligenza, la vivacità, della Cherchi, fungono da specchio a quelle dei suoi intervistati, i quali sono quasi tutti, nient’affatto incidentalmente, suoi fraterni sodali, e illuminano di suggestivi chiaroscuri la luce inevitabilmente vintage che permea il libro – si chiede sempre se si scrive a mano, con la macchina di scrivere (!) o col computer. La Cherchi riteneva che una recensione dovesse sempre contenere almeno una citazione del libro in questione, e nell’esprimere ciò cita a sua volta Geno Pampaloni. E, “oltre alle citazioni”, le sembrava “altrettanto indispensabile informare sinteticamente (lo spazio è quello che è) sul contenuto del libro, trama o plot che dir si voglia (la sua assenza dà adito ai più biechi sospetti: il libro è stato veramente letto da cima a fondo?), Cui seguirà, ma già dovrebbe emergere dalla trama inframezzata di citazioni, il giudizio, che sarà, inevitabilmente, impressionistico, dettato dall’intuito, dal gusto e dall’esperienza: cos’altro mai potrebbe essere?
Il lettore attento si sarà accorto che qui si è fatto l’esatto contrario.
Federico Burlando

Grazia Cherchi
Scompartimento per lettori e taciturni
Articoli, ritratti, interviste

Minimum fax, Roma, 2017, pp. 345.
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