Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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02 febbraio 2018

Le minacce della proliferazione tecnologica

Per procedere alla disamina di questo volume è necessario partire da un concetto fondamentale: la disinformazione è legata all’uso (e abuso) del potere e al mantenimento di quest’ultimo. Lo sappiamo non solo grazie alla lettura delle innumerevoli opere distopiche del Novecento – da George Orwell ad Aldous Huxley, passando per Karin Boye e Margaret Atwood – ma soprattutto guardando alla nostra storia e al nostro presente. I romanzi distopici infatti, sono solitamente ambientati in un futuro lontano e poco auspicabile, ma noi sappiamo bene di non avere alcun bisogno di rivolgere il nostro sguardo a mondi così distanti per renderci conto degli effetti della manipolazione, intesa come distorsione della realtà volta al raggiungimento dei propri interessi. Le tecniche di manipolazione e persuasione hanno subìto un notevole potenziamento nell’era del cyber-power, caratterizzata dallo sviluppo convulso dei nuovi media come Facebook e social network affini, blog e siti web di ogni sorta. Questa “proliferazione tecnologica” – nonostante i risvolti incredibilmente positivi – ha prodotto (e continua a produrre) conseguenze negative, come la maggiore vulnerabilità dei singoli e dei governi alla disinformazione. Lo scopo dell’opera – che si presenta come una raccolta degli interventi presentati durante il convegno omonimo tenutosi nel 2015 a Roma – è proprio quello di analizzare l’evoluzione della disinformazione nell’era tecnologica per trovare strategie adatte a contrastare la manipolazione delle percezioni dell’opinione pubblica. Prima di discutere eventuali soluzioni, è necessario fare un passo indietro e capire cosa si intende per disinformazione. Lo stesso Germani, coordinatore scientifico del convegno, spiega la differenza tra deception, misrepresentation e disinformazione. La deception riguarda la disinformazione esclusivamente nell’ambito militare, diplomatico e dell’intelligence. Con misrepresentation si intende la malainformazione non intenzionale, diffusa a causa della superficialità e dell’ignoranza. La disinformazione, invece, è un’azione pianificata e deliberatamente ostile, che persegue un fine occulto attraverso la diffusione di notizie false o distorte. Proprio per questa sua natura programmatica, la disinformazione – ci spiega François Géré nel suo intervento – si distingue dalle cosiddette hoax, le “bufale” diffuse in rete da singoli o piccoli gruppi, e dalla propaganda, in quanto quest’ultima è palese. La difficoltà di trovare delle soluzioni definitive da parte degli Stati e dei loro servizi di intelligence risiede proprio nella struttura rigida della disinformazione. Un altro elemento da tenere in considerazione riguarda il fatto che in Italia - nonostante i notevoli passi avanti fatti nell’ultimo periodo   circa il dibattito sulle fake news - si discute ancora poco di disinformazione, sicuramente meno che in altri paesi come la Cina e la Russia, i quali fanno largo uso della cosiddetta information warfare, basata sul controllo dell’informazione con l’obiettivo di ottenere un vantaggio, soprattutto dal punto di vista militare. Indubbiamente questi due paesi hanno una storia differente rispetto alla nostra, basti pensare alla dezinformacija sovietica durante la Guerra Fredda, utilizzata ancora oggi dal governo Putin sia in politica estera, per screditare l’Occidente, sia in politica interna, per mantenere la stabilità del regime. Sebbene il dibattito sia (ancora) carente, la disinformazione è una minaccia reale in Italia e si presenta sotto molteplici forme, dalle campagne di disinformazione economica e finanziaria al depistaggio di indagini giudiziarie da parte di organizzazioni criminali, prima fra tutte la mafia. A questo punto sorge spontanea una domanda. Se, come abbiamo visto, la disinformazione è un’arma utilizzata sia dagli Stati che da attori non-statuali leciti e illeciti (come vengono definiti da Germani), ossia la criminalità organizzata e i gruppi terroristici, allora quali sono le soluzioni definitive al problema? Cosa possiamo fare concretamente? Ciò che colpisce, durante la lettura delle diverse presentazioni, è proprio la difficoltà nel trovare rimedi efficaci. Francesco Vitali, autorità garante per la protezione dei dati personali, affronta la questione dei big data, cioè quell’insieme di tecnologie utilizzate per estrapolare un’enorme quantità di dati al fine di analizzare determinati fenomeni e prevedere quelli futuri. Il problema, come spiega lo stesso Vitali, è che le capacità predittive di tali tecnologie possono rappresentare un rischio per la democrazia, in quanto il loro uso implica una mancanza di trasparenza. Inoltre, a parer mio, un’analisi quantitativa basata su dati non è sufficiente per comprendere e risolvere un tale fenomeno nella sua globalità.                                                            
Una soluzione più consona, seppur di difficile applicazione, potrebbe essere quella proposta da François Géré, presidente dell’Institut Français d’Analyse Stratégique. Secondo Géré per contrastare la disinformazione si può agire in tre modi. Innanzitutto, si può cercare di ristabilire la verità, anche se di solito è troppo tardi. Oppure, si può attuare una contro-disinformazione, cioè una disinformazione in senso opposto, ma anche qui la difficoltà sta nel sincerarsi che ci sia stata effettivamente un’azione disinformativa. Un’altra via potrebbe essere quella della prevenzione, della previsione delle mosse dell’avversario, ma per fare in modo che funzioni dobbiamo conoscere perfettamente gli strumenti utilizzati dai nostri “rivali” e impegnarci ad usarne altri altrettanto efficaci. Sicuramente la questione non può avere una risoluzione immediata, anche a causa del continuo evolversi della tecnologia, con il quale è complicato tenere il passo. Il libro, che si propone come un compendio di interventi di analisti ed esperti di istituzioni civili e militari, ha in quanto tale un taglio molto tecnico, che rischia di lasciare spaesato il lettore di fronte a circostanze già così complesse. L’idea che sta alla base del convegno però, è ottima e indiscutibile perché, come detto in precedenza, in Italia c’è bisogno di avviare un dibattito di questo tipo in modo puntuale e approfondito. Detto questo, credo che il vero cambiamento debba partire da ognuno di noi, singolarmente, attraverso l’esercizio del nostro spirito critico e della nostra capacità di discernimento. Non sarà forse questa la vera utopia?
Francesca Lasi

Disinformazione e manipolazione delle percezioni. 
Una nuova minaccia al sistema-paese
a cura di Luigi Sergio Germani
Eurilink, Roma, 2017, pp. 154.

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