Per
procedere alla disamina di questo volume è necessario partire da un concetto
fondamentale: la disinformazione è legata all’uso (e abuso) del potere e al
mantenimento di quest’ultimo. Lo sappiamo non solo grazie alla lettura delle
innumerevoli opere distopiche del Novecento – da George Orwell ad Aldous
Huxley, passando per Karin Boye e Margaret Atwood – ma soprattutto guardando
alla nostra storia e al nostro presente. I romanzi distopici infatti, sono
solitamente ambientati in un futuro lontano e poco auspicabile, ma noi sappiamo
bene di non avere alcun bisogno di rivolgere il nostro sguardo a mondi così
distanti per renderci conto degli effetti della manipolazione, intesa come
distorsione della realtà volta al raggiungimento dei propri interessi.
Le tecniche di manipolazione e persuasione hanno subìto un notevole potenziamento
nell’era del
cyber-power, caratterizzata dallo sviluppo
convulso dei nuovi media come Facebook e social network affini, blog e siti web
di ogni sorta. Questa “proliferazione tecnologica” – nonostante i risvolti
incredibilmente positivi – ha prodotto (e continua a produrre) conseguenze
negative, come la maggiore vulnerabilità dei singoli e dei governi alla
disinformazione. Lo scopo dell’opera – che si presenta come una raccolta degli
interventi presentati durante il
convegno omonimo tenutosi nel 2015 a Roma – è
proprio quello di analizzare l’evoluzione della disinformazione nell’era
tecnologica per trovare strategie adatte a contrastare la manipolazione delle percezioni
dell’opinione pubblica.
Prima di discutere eventuali soluzioni, è necessario fare un passo indietro e capire
cosa si intende per disinformazione. Lo stesso Germani, coordinatore
scientifico del convegno, spiega la differenza tra
deception,
misrepresentation e disinformazione. La
deception riguarda la disinformazione
esclusivamente nell’ambito militare, diplomatico e dell’intelligence. Con
misrepresentation si intende la malainformazione non
intenzionale, diffusa a causa della superficialità e dell’ignoranza. La
disinformazione, invece, è un’azione pianificata e deliberatamente ostile, che
persegue un fine occulto attraverso la diffusione di notizie false o distorte.
Proprio per questa sua natura programmatica, la disinformazione – ci spiega
François Géré nel suo intervento – si distingue dalle cosiddette
hoax, le “bufale” diffuse in rete da
singoli o piccoli gruppi, e dalla propaganda, in quanto quest’ultima è palese.
La difficoltà di trovare delle soluzioni definitive da parte degli Stati e dei loro
servizi di intelligence risiede proprio nella struttura rigida della
disinformazione. Un altro elemento da tenere in considerazione riguarda il
fatto che in Italia - nonostante i notevoli passi avanti fatti nell’ultimo
periodo
circa il dibattito sulle fake
news - si discute ancora poco di disinformazione, sicuramente meno che in altri
paesi come la Cina e la Russia, i quali fanno largo uso della cosiddetta
information warfare, basata sul controllo
dell’informazione con l’obiettivo di ottenere un vantaggio, soprattutto dal
punto di vista militare. Indubbiamente questi due paesi hanno una storia
differente rispetto alla nostra, basti pensare alla
dezinformacija sovietica durante la Guerra Fredda,
utilizzata ancora oggi dal governo Putin sia in politica estera, per screditare
l’Occidente, sia in politica interna, per mantenere la stabilità del regime.
Sebbene il dibattito sia (ancora) carente, la disinformazione è una minaccia
reale in Italia e si presenta sotto molteplici forme, dalle campagne di disinformazione
economica e finanziaria al depistaggio di indagini giudiziarie da parte di
organizzazioni criminali, prima fra tutte la mafia.
A questo punto sorge spontanea una domanda. Se, come abbiamo visto, la
disinformazione è un’arma utilizzata sia dagli Stati che da attori non-statuali
leciti e illeciti (come vengono definiti da Germani), ossia la criminalità
organizzata e i gruppi terroristici, allora quali sono le soluzioni definitive
al problema? Cosa possiamo fare concretamente? Ciò che colpisce, durante la
lettura delle diverse presentazioni, è proprio la difficoltà nel trovare rimedi
efficaci. Francesco Vitali, autorità garante per la protezione dei dati
personali, affronta la questione dei
big data, cioè quell’insieme di tecnologie utilizzate per estrapolare un’enorme
quantità di dati al fine di analizzare determinati fenomeni e prevedere quelli
futuri. Il problema, come spiega lo stesso Vitali, è che le capacità predittive
di tali tecnologie possono rappresentare un rischio per la democrazia, in quanto
il loro uso implica una mancanza di trasparenza. Inoltre, a parer mio,
un’analisi quantitativa basata su dati non è sufficiente per comprendere e
risolvere un tale fenomeno nella sua globalità.
Una
soluzione più consona, seppur di difficile applicazione, potrebbe essere quella
proposta da François Géré, presidente dell’Institut Français d’Analyse Stratégique. Secondo Géré per contrastare la
disinformazione si può agire in tre modi. Innanzitutto, si può cercare di
ristabilire la verità, anche se di solito è troppo tardi. Oppure, si può
attuare una contro-disinformazione, cioè una disinformazione in senso opposto,
ma anche qui la difficoltà sta nel sincerarsi che ci sia stata effettivamente
un’azione disinformativa. Un’altra via potrebbe essere quella della
prevenzione, della previsione delle mosse dell’avversario, ma per fare in modo
che funzioni dobbiamo conoscere perfettamente gli strumenti utilizzati dai
nostri “rivali” e impegnarci ad usarne altri altrettanto efficaci.
Sicuramente la questione non può avere una risoluzione immediata, anche a causa del
continuo evolversi della tecnologia, con il quale è complicato tenere il passo.
Il libro, che si propone come un compendio di interventi di analisti ed esperti
di istituzioni civili e militari, ha in quanto tale un taglio molto tecnico,
che rischia di lasciare spaesato il lettore di fronte a circostanze già così
complesse. L’idea che sta alla base del convegno però, è ottima e indiscutibile
perché, come detto in precedenza, in Italia c’è bisogno di avviare un dibattito
di questo tipo in modo puntuale e approfondito.
Detto questo, credo che il vero cambiamento debba partire da ognuno di noi,
singolarmente, attraverso l’esercizio del nostro spirito critico e della nostra
capacità di discernimento. Non sarà forse questa la vera utopia?
Francesca Lasi
Disinformazione
e manipolazione delle percezioni.
Una nuova minaccia al
sistema-paese
a cura di Luigi Sergio Germani
Eurilink, Roma, 2017, pp. 154.
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