Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

_________________

Scorrendo questa pagina o cliccando un qualunque suo elemento acconsenti all'uso dei cookie presenti nel sito.



29 marzo 2012

In libreria

Alberto Cadioli
Le diverse pagine. Il testo letterario tra scrittore, editore, lettore
Milano, Il Saggiatore, 2012, 320 pp.
Descrizione
Un testo non pubblicato non esiste, o esiste solo per chi lo ha scritto. Gli dà vita un editore, che decide le caratteristiche della sua edizione, sceglie il titolo, trova l’illustrazione di copertina, suggerisce nel risvolto una chiave di lettura. È ancora l’editore che consiglia l’autore, che modifica la narrazione, che corregge lo stile, che fissa, nel libro finito, le parole ancora fluide fino alle ultime bozze. Stampato, il testo entra nel tempo, arrivando al lettore: la sua instabilità è risolta, almeno fino a quando non ci sarà una successiva edizione, con nuovi interventi, nuove copertine, nuovi risvolti, nuovi suggerimenti di lettura, nuovi lettori. Le diverse pagine indaga i molteplici passaggi che portano le carte di uno scrittore a essere il libro di un lettore, ponendo domande sul ruolo dell’editore, riflettendo sulle questioni teoriche della trasmissione dei testi, interrogandosi sulle modalità di lettura; nello stesso tempo, in controcanto, delinea la storia di molti titoli del Novecento, figli dei loro autori, ma anche di chi li ha stampati, li ha corretti, li ha vestiti. E quando a discutere le scelte erano Pavese e Vittorini, Calvino e Natalia Ginzburg, Sereni e Sciascia, ogni decisione entrava in un dibattito più grande, e si può studiare come quel dibattito sia uscito dalle stanze degli editori, per entrare nella storia della letteratura e della cultura. Perché le vicende editoriali della Scacchiera davanti allo specchio, di Agostino, di Ragazzi di vita, dell’Isola di Arturo, del Gattopardo, di Eros e Priapo riguardano le case editrici, ma soprattutto appartengono a un percorso di scrittura: spiegarne la storia significa raccontare in che modo un testo è diventato il libro che i lettori hanno conosciuto e amato.
*link al sito del Saggiatore per leggere le prime pagine del libro.
____

28 marzo 2012

L'alleanza fra cittadini 2.0 e professionisti dell’informazione

Questo è il futuro del giornalismo
Nessuno vent’anni fa avrebbe mai immaginato che un giorno i grandi colossi dell’informazione, dalla carta stampata ai notiziari televisivi internazionali, si sarebbero dovuti “piegare” alla forza di un comune cellulare. Eppure gli ultimi grandi eventi che hanno catturato l’attenzione di tutto il mondo sono stati raccontati, non attraverso immagini raccolte da cameraman professionisti, accompagnati da voci fuori campo di inviati specializzati in cronaca estera, bensì da foto, video e commenti realizzati tramite telefoni cellulari, iPhone, palmari, ecc.
Tuttavia, Augusto Valeriani, ricercatore della Facoltà di Scienze Politiche di Bologna, non si ferma alla sola analisi del cambiamento che il web 2.0 ha portato nel mondo dell’informazione: i nuovi mezzi informatici e i social media, infatti, hanno profondamente modificato anche il mondo della diplomazia e della politica internazionale.
Non si può, quindi, raccontare la rivoluzione che il Twitter factor ha portato nella professione giornalistica senza prendere in considerazione il fatto che anche i più potenti capi di Stato, le ONG internazionali, e persino le guide delle organizzazioni criminali come Al Qaeda negli ultimi anni sono stati costretti a fare i conti con internet e i social networks.
Molti sono gli esempi raccontati nel libro, dai giornalisti che ottengono importanti interviste “via blog”, fino ai grandi risvolti politici che Wikileaks ha portato nella diplomazia internazionale.
I giornalisti “vecchio stampo” stanno combattendo contro i citizen juornalist, così come i vecchi diplomatici stanno facendo i conti con i nuovi citizen diplomats: come uscirne?
Valeriani propone una via d’uscita pressoché inesplorata, ma che quasi certamente sarà la soluzione da mettere in atto se si vogliono salvare sia il giornalismo, sia la credibilità della politica internazionale: “alleanza” è la parola chiave che utilizza l’autore per parlare dei futuri rapporti che dovranno necessariamente nascere fra giornalisti professionisti e dilettanti del web, così come fra i vecchi politici in carriera che a stento conoscono internet e i loro elettori che ormai non prendono più nessuna decisione senza aver chiesto prima il parere in una web community.
In futuro non potranno certo mancare gli approfondimenti e le critiche riguardo ai grandi e piccoli eventi che muovono il mondo. Non si riesce ad immaginare un giornale riempito unicamente da foto scattate con un comune cellulare e testi riempiti da commenti dei lettori o di giornalisti improvvisati: serve qualcuno che conosca il mestiere, ma per non perdere il posto il vecchio giornalista con penna e taccuino deve modernizzarsi. Spazio allora ai nuovi marchingegni elettronici e, perché no, anche a un pizzico di umiltà nel chiedere un contributo ai dilettanti del web, i quali, magari non conoscono la “regola delle 5w”, ma comprendono perfettamente la potenza di Twitter, Facebook, o il social network di turno.
La novità del libro non risiede tanto nella scelta dell’argomento (le librerie si stanno riempiendo di saggi che cercano di sviscerare il tema dei social network), quanto piuttosto nell’analisi delle conseguenze che i nuovi mezzi di comunicazione hanno provocato nel mestiere del giornalista e il conseguente e necessario confronto con i cambiamenti politici che ha provocato a livello internazionale.
Dal programma TV del Presidente Chávez Aló Presidente, al blogger egiziano convertito in miccia della primavera araba; dal nuovo portale d’informazione africano Afrigator.com, al “twittericidio” della giornalista Octavia Nasr; dall’invasione degli Istituti Confucio in tutto il mondo, al profilo su Second Life del Dipartimento di Stato americano: la carta vincente di questo saggio è il percorso guidato attraverso numerosi esempi di realtà che si sono trasformate grazie ai social media. La lettura, in questo modo, diventa scorrevole e lascia spazio anche a considerazioni personali e ipotesi riguardo al futuro dell’informazione e delle relazioni internazionali.
Marta Farruggia

Augusto Valeriani
Twitter factor. Come i nuovi media cambiano la politica internazionale
Roma-Bari, Laterza, 2011, 171 pp.

____

26 marzo 2012

Fare giornalismo

 Università degli studi di Genova
Facoltà di Lettere e Filosofia - Facoltà di Scienze Politiche
Corso di Laurea Magistrale interfacoltà in Informazione ed Editoria
Martedì 27 marzo 2012 - ore 14, Aula della Meridiana - Via Balbi 5 (II piano) Genova

Presentazione del libro di
Stephan Russ-Mohl Fare giornalismo  (Bologna, Il Mulino, 2011) con la partecipazione dell'autore, direttore dell'European Journalism Observatory (Università della Svizzera italiana di Lugano) e di Sergio Splendore, curatore dell'edizione italiana.
 

25 marzo 2012

Libri ri/trovati

Mario Sarti
Africa & Media. Giornalismi e cronache nel continente dimenticato  
Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2009
Descrizione
Uno sconcertante studio sullo stato dell’informazione in Africa, firmato da alcuni dei più acuti osservatori del continente africano. Gli esteri, le redazioni esteri, sono state per lungo tempo “luogo di passaggio” nei nostri giornali. Territori dove si finisce quando si è puniti, o poco utili al lavoro di macchina, o giornalisti scomodi. O almeno, così è stato per lungo tempo: c’è oggi un rifiorire d’interesse per le storie lontane, certo complice la globalizzazione, che porta tanti giovani giornalisti a cercare di ribaltare vecchi assunti dell’informazione occidentale, italiana in particolare. Africa & Media è stato scritto in collaborazione con ISF e fa parte della collana “I taccuini del Premio Ilaria Alpi”, focalizzata sulla pubblicazione annuale di saggi legati alle tematiche dell’informazione.
____

24 marzo 2012

In libreria

Wael Ghonim
Rivoluzione 2.0. Il potere della gente è più forte della gente di potere
Milano, Rizzoli, 2012, 324 pp.
Descrizione
Il 25 gennaio 2011 piazza Tahrir straripa di dimostranti. È ormai chiaro che le difese del potere si stanno sgretolando, la gente si è svegliata, l'esercito interverrà. Wael Ghonim scrive su Twitter: "Buongiorno, Egitto! Mi sei mancato negli ultimi trent'anni". La scintilla della rivolta l'ha accesa lui, su facebook, coordinando la protesta dalla sua pagina "Siamo tutti Khaled Said", dedicata al giovane torturato e ucciso dalla polizia nel
giugno 2010. La reazione dei giovani egiziani, nauseati da decenni di soprusi e sfiancati da un regime inamovibile, è quasi miracolosa. E Wael finisce in prigione, arrestato con l'accusa di fomentare il dissenso. La sua prima intervista dopo il rilascio, appena emerso dall'incubo degli interrogatori, farà il giro del mondo: in lacrime davanti alle telecamere
incita i suoi connazionali a continuare a manifestare. La ribellione riprende vigore e poche ore dopo Mubarak si dimette. "Non sono io l'eroe: voi siete gli eroi!" grida il giovane blogger alla folla, ed è per tutti il nuovo leader del movimento. A un anno da Piazza Tahrir, Wael Ghonim racconta quei giorni, le piazze affollate, il carcere, riflette sulle proteste popolari che oggi stanno percorrendo il pianeta, ma soprattutto ci ricorda come Internet sia stata fondamentale per abbattere un potere autocratico e violento. Come è accaduto? Come potrebbe accadere ancora, con altri poteri, in altre parti del mondo? Dalla Tunisia alla Spagna, da piazza Tahrir a Wall Street, la voglia di libertà e partecipazione dei cittadini si è svegliata, alimentata da un'informazione sempre più globale e da mobilitazioni sempre più rapide. E Ghonim si rivolge a chi vuole e deve tornare protagonista della politica: il popolo. La breccia nel muro del dispotismo e della corruzione ormai si è aperta, e allargarla è un dovere di tutti. Anche di unsolitario blogger.
*segnalato da Sarah Esposito

___

23 marzo 2012

In libreria


Mario Guarino
Mercanti di parole
Storie e nomi del giornalismo asservito al potere

Bari, Dedalo, 2012, 304 pp.

Descrizione
Giornalisti asserviti ai poteri forti, giornali finanziati dallo Stato, editori che usano le proprie testate per interessi «extra» e le trasformano in «macchine del fango».Attraverso protagonisti, fatti e retroscena, il libro ripercorre lo stato dell’informazione dal Ventennio fascista ad oggi, passando per il dominio sulla stampa da parte della Dc, della Loggia P2 di Gelli e del berlusconismo, che da oltre vent’anni annovera centinaia di giornalisti a libro-paga. Dai «canguri» di Mussolini ai «servi del Cavaliere»: oggi come ieri, gran parte del Quarto potere – comprese Rai e Mediaset – manipola l’opinione pubblica e destabilizza la situazione sociale del Paese, piuttosto che agire da «cane da guardia» nei confronti di politica e finanza. Mercanti di parole esplora queste tematiche fino in fondo e lo fa presentando scoperte inedite Poiché i mass media hanno un’influenza decisiva sulle sorti presenti e future di un Paese, il libro è rivolto soprattutto ai giovani.
____

22 marzo 2012

In libreria

Andrea Minuz
Viaggio al termine dell'Italia. Fellini politico
Soveria Mannelli, Rubettino, 2012, 214 pp.
Descrizione
Se Federico Fellini è uno dei più grandi autori della storia del cinema, egli rientra anche nel solco di una tradizione di intellettuali e artisti che da Leopardi a Pasolini si è interrogata sul rapporto tra l’identità italiana e la modernità nelle sue implicazioni sociali, culturali, politiche. I motivi che notoriamente attraversano la sua opera, dalla nostalgia dell’infanzia ai fantasmi della femminilità, dall’invenzione del ricordo al sogno, assumono così, alla luce della lettura politica proposta in questo saggio, un’unica connotazione patologica. E diventano, anzitutto, l’allegoria di un Paese incapace di uscire da un’adolescenza permanente, tratto dominante della sua storia e del carattere nazionale. Il libro è corredato da un’appendice che esplora il rapporto tra Federico Fellini e Giulio Andreotti a partire dalle lettere conservate nell’archivio del senatore.
*segnalato da C.S.
____
 

21 marzo 2012

In libreria

Sara Stefanini
Descrizione
Il giornalismo partecipativo dà voce a quei cittadini considerati da sempre passivi e avvolti dalla grande spirale neumanniana del silenzio. Il narcisismo digitale altro non è che l’altra faccia della medaglia. Chiamato anche egosurfing, è presente nell’Oxford English Dictionary già dal 1998 ed indica il presenzialismo su Internet. Ormai, l’informazione si costruisce insieme, nel piccolo grande villaggio globale, unito dalla Rete e diventato glocale eliminando le distanze e dimezzando i tempi.

19 marzo 2012

In libreria

Damiano Celestini
Paese che vai, giornalismo che trovi
Civitavecchia, Prospettiva Editrice - 2011, 200 pp.
Descrizione
L'obiettivo del libro è quello di analizzare nello specifico le forme di giornalismo politico ed economico appartenenti ai tre modelli rintracciati da Hallin e Mancini in "Modelli di giornalismo. Mass media e politica nelle democrazie occidentali": Mediterraneo o pluralista-polarizzato, Europeo centro-settentrionale o democratico–corporativo e Nord – atlantico o liberale. Questo lavoro ha effettuato una ricerca approfondita partendo da un'analisi preliminare dei modelli di giornalismo sulla base del contesto storico, politico e sociale, per poi passare ad indagare nello specifico alcuni paesi e i loro relativi quotidiani più importanti: Inghilterra (Daily Telegraph), Usa (New York Times), Italia (Repubblica e Corriere della Sera), Francia (Le Monde), Belgio (Le Soir), Germania (Frankfurter Allgemeine Zeitung).  I professionisti intervistati sono: Salvatore Aloise (Le Monde), Antonello Caporale (Repubblica), Antonio Macaluso (Corriere della Sera), Furio Colombo e Tobias Piller (Frankfurter Allgemeine Zeitung). Le interviste hanno fruttato un interessante confronto tra professionisti in merito ai temi riguardanti il rapporto del giornalismo con il potere politico; il giornalismo economico e la televisione pubblica.
 
____

18 marzo 2012

Quando la mafia entra nello showbiz

GENOVA.
Ieri, Sabato 17 marzo, si è conclusa la manifestazione per le vittime di tutte le mafie.
Una mobilitazione pacifica che ha visto partecipare centomila persone provenienti da svariate città.
I millenovecento assassinati dai killer delle molteplici cosche mafiose, sono stati ricordati in questa giornata della memoria, che si è svelata come un'iniziativa sentita e approvata da tutti, come dimostra la sorperendente affluenza e l'immagine di un insolito Piazzale Kennedy, occupato da un alto numero di pullmann.
Come vuole la tradizione, per ogni buona idea c'è un altro progetto che stride con il messaggio positivo che sarebbe dovuto passare.
Alla vigilia della tranquilla invasione usciva, sul Venerdì di Repubblica, un articolo che illustrava la presenza in America di un reality show chiamato Mob wives (mogli di gangster).Ambientato a Staten Island, il programma vede come protagoniste mogli e figlie di noti criminali mafiosi, riprese durante una giornata tipo.
Il ruolo della donna nelle cosche mafiose è sempre stato relegato dietro le quinte, luogo dove per altro si svolge come nei più grandi spettacoli, il grosso del lavoro. In questo caso, invece, il ruolo femminile viene portato alle luci della ribalta.
Quello su il Venerdì è certamente un articolo di denuncia, ma per la legge de "l'importante è che se ne parli", un'eccessiva attenzione a questo fenomeno risulta controproducente. Siamo, ormai, abituati ad una tv spazzatura che si occupa di intrattenimenti vuoti, ma che a questi livelli rischia di minare i concetti di rispetto e moralità. Cosa Nostra approda a Brooklyn negli anni dell'immigrazione ottocentesca e la ritroviamo oggi come protagonista di un reality, che spettacolarizza le donne di mafia.
Esiste, tuttavia, una teoria diversa che tenta in qualche modo di dare una giustificazione all'esistenza di questo format. La chiave di lettura consisterebbe nel vedere lo show come un brutto colpo alla mafia newyorkese. Le donne escono dal cono d'ombra creato attorno a loro dagli uomini delle famiglie mafiose e, mostrando sfumature che sin'ora erano rimaste segrete, dovrebbero riuscire in qualche modo a ridicolizzare la storica figura del Padrino, togliendo virilità (o sarebbe più appropriato parlare di viltà?) al gangster.
Questa mitizzazione della mafia, dovrebbe farla apparire come una storia conclusa.
Tralasciando le tante teorie possibili, siamo davvero disposti a dare momenti di celebrità a donne che probabilmente hanno agito più di quanto crediamo?
Ciascuno è libero di fare le scelte che ritiene migliori ma un altro aspetto ha lasciato un po' perplessi.
Venerdì, mentre proseguivano i preparativi per la manifestazione, mentre centinaia di famiglie si accingevano a partire per Genova, un altro giornalista concludeva il suo articolo in modo poco felice. Come commento al pezzo di cui si è parlato, poche pagine più avanti, seguiva un secondo articolo ricco di opinioni condivisibili ma che trovava un finale spiacevole. Il giornalista propone di importare il reality anche in Italia.
Gli ascolti del programma americano sono modesti e gli USA sembrano non temere più Cosa Nostra, ridotta a piccola organizzazione criminale.
Probabilmente per gli americani seguire uno show come Mob wives, contribuisce ad alimentare l'immaginario di un Italia tutta "pizza, mafia e mandolini". Le immagini che dovrebbero arrivare negli States, invece, dovrebbero essere quelle della manifestazione tenutasi nel nostro paese. Questo sancirebbe la fine di un "mito", non certo riportare a casa nostra, seppur sotto forma di show, ciò che per tanti anni, con forza, abbiamo tentato di eliminare. Realizzare in Italia un reality di questo tipo contrasterebbe troppo con l'impegno profuso contro la mafia, contrasterebbe troppo con la manifestazione avvenuta proprio il giorno dopo l'uscita dell'articolo.
L'Italia che deve apparire agli occhi degli americani non deve essere più quella delle cosche, ma quella di centinaia di persone riunite pacificamente per ricordare le vittemi di quei killer, mariti e padri delle nuove "dive" da reality.
Sara Azza




17 marzo 2012

Giornalismo femminile ecuadoriano

Venerdì scorso si è svolta presso la nostra Università la conferenza Giornalismo femminile ecuadoriano e cultura patriarcale nel XIX secolo: El tesoro del Hogar. Tenuta dal Dottor Juan Carlos Grijalva, professore di Letteratura Latino-americana presso l’Assumption College negli Stati Uniti, essa ha inoltre visto la partecipazione del Console generale dell’Ecuador a Genova, Esther Cuesta, e della professoressa Giuliana Franchini. 
Analizzando contenuti e obiettivi di uno dei primi periodici del Sud America diretto da una donna e aperto a giornaliste e scrittrici emergenti, El tesoro del Hogar (Il tesoro del Focolare), pubblicato a Guayaquil dal 1887 al 1893, l’incontro ha offerto interessanti spunti di riflessione sul tema della libertà di espressione delle donne, nonché una breve panoramica sui movimenti emancipazionisti dell’America meridionale, spesso oscurati da una prospettiva di studio eurocentrica. Se qualcuno poi pensasse che la difficoltà di conciliare lavoro e famiglia sia tipica solo della donna di oggi, verrebbe smentito, fra le altre, dall’esperienza delle prime giornaliste sudamericane.
Come chiaramente espresso dal saggista Juan Montalvo in Las invasiones de las mujeres (Le invasioni delle donne) del 1885, in Ecuador alla fine dell’Ottocento la convinzione era quella diffusa che gli uomini fossero le figure naturali dell’autorità e che, altrettanto naturalmente, le dimensioni deputate alla realizzazione personale femminile fossero solo quelle del focolare domestico e della maternità. Una minoranza di donne istruite iniziava però ad “invadere” le università e ad ambire a professioni maschili, minacciando, secondo l’autore, l’ordine pubblico. Le donne scrittrici, prime fra tutte, dovevano essere contrastate, censurate e addirittura inabilitate a prime e seconde nozze. In un’epoca in cui una donna che si esprimeva in pubblico suscitava ancora sospetto e biasimo, El tesoro del Hogar rappresentò dunque una conquista, seppur nel solco della cultura patriarcale. La sua fondatrice e direttrice, Lastenia Larriva de Llona, arrivò nella città ecuadoriana di Guayaquil dal Perù nel 1860, nel pieno del boom economico derivato dalla crescente esportazione di cacao, dallo sviluppo della rete ferroviaria e da importanti riforme bancarie e postali. Dal 1875 inoltre, con l’assassinio del generale Gabriel Garcìa Moreno e la fine del suo regime di censura, si ebbe una vera e propria proliferazione della stampa, con pubblicazioni molto diversificate e la comparsa di un pubblico femminile. Il progetto editoriale realizzato da Larriva de Llona fu un settimanale di letteratura, atre, scienza, attualità e moda, una pubblicazione femminile cosmopolita, che uscì ogni sabato per sei anni, dal 1887 al 1893. Convinta che la stampa fosse il luogo dove “le belle arti femminili” potessero contrapporsi alla produzione pamphlettistica degli scrittori più importanti (fra gli altri José Martì, Juan Montalvo e Domingo Faustino Sarmiento), la direttrice voleva che la sua rivista fosse uno spazio apolitico proprio come quello domestico. L’autocensura era quindi d’obbligo per un progetto culturale elitario che non mirava a contrastare l’ordine precostituito. Il suo target erano donne istruite, colte, cattoliche e appartenenti alle classi più alte, donne che vestivano secondo i gusti della moda europea, in linea col sogno di fare di Guayaquil la nuova Parigi. Pur consapevole di vivere in un paese enormemente sfruttato dal punto di vista agricolo e dove la ricchezza era nelle mani di pochissimi, Larriva de Llona non diede mai voce alle classi povere né alle donne di colore, appoggiando una critica femminile mai aspra né diretta, giacchè per lei la donna era innanzitutto moglie e madre. Queste convinzioni, che le valsero il plauso dell’arcivescovo della capitale Quito, qualificano oggi El tesoro più come una semplice concessione della società patriarcale che come un luogo di effettiva rivendicazione; una rivista molto diversa dalle altre produzioni del giornalismo femminile sudamericano di quegli anni, come La Alborada del Plata, diretta dall’argentina Juana Manuela Gorriti, o l’Album de Señoritas della scrittrice Juana Manso, dove comparvero articoli di denuncia della condizione femminile. Quale fu dunque il merito di questa prima rivista femminile ecuadoriana? Lungi dal farsi portavoce del femminismo, anzi assimilando come propria la mentalità del patriarcalismo, Larriva de Llona riuscì tuttavia a creare uno spazio per la produzione artistica delle donne e per vere e proprie sorellanze letterarie. Scrittrici di fama internazionale, come Emilia Pardo Bazan, Dolores Sucre e Soledad Acosta de Samper, tennero a battesimo i primi numeri di El tesoro del Hogar, in un’ottica di legittimazione vicendevole: la loro collaborazione legittimava l’esistenza della rivista che, a sua volta, le consacrava come firme prestigiose. Pur restando di stampo cattolico e conservatore, questo periodico ha inoltre scoperto voci femministe e liberali, come quella della giornalista ecuadoriana Zoila Ugarte de Landivar, rendendosi protagonista di una trasgressione inconsapevole. Lastenia Larriva de Llona, del resto, ammise sempre quanto fosse più difficile per le donne svolgere un ruolo pubblico con l’attività di giornalista, una sfida intellettuale e pratica per la gestione delle mansioni più tecniche e meccaniche della vita di redazione, ma soprattutto incarnò il problema, sempre attuale per le donne, di conciliare lavoro e dimensione privata.
 Giulia Sciola


16 marzo 2012

In libreria

Alessandro Barbano - Vincenzo Sassu 
Manuale di giornalismo
Roma-Bari, Laterza, 2012, 288 pp.
Descrizione
L'obiettivo di questo manuale è fornire un sapere teorico-pratico integrato per chi voglia operare sulla carta stampata, sul radio-televisivo e sulle diverse piattaforme digitali presenti in Rete. Il libro si sviluppa lungo otto linee didattiche, ciascuna delle quali tiene insieme le acquisizioni della tradizione con le nuove evoluzioni teorico-pratiche del giornalismo: la ridefinizione del concetto di notizia ai tempi dell'informazione in tempo reale; la teoria e la tecnica della scrittura giornalistica, tra cartaceo e on-line; lo studio dei generi del giornalismo; l'organizzazione del lavoro nei principali media e la sua evoluzione segnata dal ruolo crescente delle tecnologie; la crisi delle aziende editoriali e la transizione verso il mercato delle nuove piattaforme digitali, attraverso esempi concreti tratti dalle esperienze di alcune delle più grandi e innovative imprese del mondo, come "New York Times", "Washington Post", Bbc, "Guardian", fino allo studio delle nuove avventure editoriali sulla rete; l'analisi del caso italiano, dell'omologazione e della prevalenza dell'informazione politica che caratterizza i media nostrani; lo studio del foto e video-giornalismo e delle nozioni di grafica essenziali; l'etica del giornalismo e i problemi aperti dalla necessità di tutelare la privacy di fronte alla grande forza di impatto che le moderne tecnologie informative hanno sulla vita delle persone.
*link all'Indice del libro.
___

12 marzo 2012

In libreria

Christian Ruggiero
Il declino della videocrazia. Tv e politica nell'Italia del Mediaevo

ScriptaWeb, 2011, 188 pp.
Descrizione
A partire da un’analisi storica e comunicativa del rapporto tra televisione e politica in Italia, è possibile individuare un progressivo disinvestimento in termini qualitativi e quantitativi nell’offerta di telepolitica. Dopo l’euforia degli anni Ottanta, la discesa in campo degli anni Novanta, la drammatizzazione della competizione delle prime campagne elettorali del nuovo millennio, alla centralità della televisione nell’immaginario e nelle diete mediali degli italiani fa da contraltare un vero e proprio declino della videocrazia.

Indice
Premessa
Introduzione
I. Politica anni Ottanta  - II. L’Italia (e i media) in transizione  - III. Lo spettacolo della politica dall’Ulivo a Berlusconi  - IV. La politica senza mediazione
Postfazione. Contro la comunicazione politica di Mario Morcellini
Riferimenti bibliografici
*link all'edizione online.

10 marzo 2012

In libreria

Marcella Terrusi
Albi illustrati
Leggere, guardare, nominare il mondo nei libri per l'infanzia
Roma, Carocci, 2012, 280 pp.
Descrizione 
Gli albi illustrati sono libri che raccontano ai bambini storie semplici o complesse con una combinazione di poche parole e molte figure. Gli albi, o picturebook, travalicano i confini nazionali e, da circa cinquant’anni, anche in Italia sono un momento decisivo per la nascita di nuovi lettori. Nella lettura offrono nuove relazioni: fra autore e lettore, fra adulto e bambino che leggono insieme, fra parole e figure. Negli albi si incontrano la letteratura e l’arte, le relazioni fra mondo e rappresentazione, segno e pensiero, crescita e ricerca di senso, oggetto e nome. Dietro a creazioni capaci di raccontare la differenza, il desiderio, il conflitto, la morte e l’amore c’è una ricerca iniziata molti anni fa, che coinvolge maestri, artisti, intellettuali, educatori, perché per raccontare il mondo ai bambini è necessario cercare di conoscerlo, nominarlo, discuterlo, interpretarlo.
___

08 marzo 2012

In libreria

Gli italiani e l'Europa. Opinione pubblica, élite politiche e media
a cura di Paolo Bellucci e Nicolò Conti
Roma, Carocci, 2012 gen., 168 p.


Descrizione

Il progressivo movimento da integrazione di mercati a integrazione politica ha alterato le relazioni tra gli italiani e l’Europa. Dopo un lunga fase di consenso, sono emerse significative differenze di orientamento dei principali attori nazionali. Si sono fatte strada diverse preoccupazioni sull’impatto dell’Europa nella propria vita mentre i costi dell’integrazione sono percepiti con maggiore inquietudine. Le trasformazioni dell’economia mondiale lanciano, inoltre, una tematica trasversale: l’Europa è uno strumento per governare una economia globalizzata e stemperarne i pericoli,oppure rappresenta una delle sfide poste dalla globalizzazione agli Stati e alle economie nazionali? L’Europa è causa o terapia della globalizzazione? Attraverso l’analisi di dati raccolti nell’ambito di una ricerca internazionale, gli autori del volume esaminano il consenso e il dissenso che, oggi, i partiti, le élite, il sistema della comunicazione e l’opinione pubblica nazionali esprimono nei confronti dell’Unione Europea.
*link all' Indice del libro.
___

05 marzo 2012

Oltre lo specchio. Miti e contraddizioni del giornalismo di guerra

Qual è l'atteggiamento generale tenuto dai mezzi d'informazione nel raccontare la guerra? E in che misura i media sono in grado di influenzare l'opinione pubblica?
Sono alcuni dei quesiti che Oliviero Bergamini affronta nelle pagine di questo lungo - ma mai noioso - saggio sul war reporting. L'autore prende in esame la copertura giornalistica dei maggiori conflitti armati, a partire dalla guerra di Crimea fino alle recenti e controverse operazioni militari in Afghanistan e in Iraq, soffermandosi sugli episodi più significativi ed emblematici. L'analisi non si limita a una sterile rassegna degli articoli di giornale degli ultimi 150 anni, ma scava a fondo tra le cause reali e gli interessi che stanno dietro agli eventi bellici, peraltro quasi mai esposti con chiarezza dai mezzi di comunicazione di massa.
Se il modo di fare la guerra è radicalmente cambiato dai tempi delle battaglie napoleoniche – ed è in costante evoluzione per le continue innovazioni tecnologiche nei campi militare e delle comunicazioni, per nuove dottrine strategiche e contingenze politiche – il modo di percepire i conflitti da parte dell'opionione pubblica si è trasformato in modo ancora più drastico, parallelamente alla consapevolezza per le autorità della crescente rilevanza del cosiddetto “fronte interno”.
Fino al secolo scorso la guerra era considerata una soluzione necessaria in caso di fallimento delle operazioni diplomatiche internazionali, la “continuazione della politica con altri mezzi”, secondo la disincantata definizione del generale Von Clausewitz. Con la tragica esperienza dei conflitti mondiali in termini di vittime civili, presso l'opinione pubblica è venuto meno l'appoggio aprioristico alla guerra come istituzione, e il processo di democratizzazione avviato in molti paesi occidentali ha reso necessario per i governi ottenere l'appoggio degli elettori. Da qui l'esigenza imprescindibile di giustificare un intervento armato, prima attraverso propaganda e censura, poi con l'impiego di imponenti campagne mediatiche e di tecniche di news management sempre più efficaci e sofisticate.
Ma la generale reticenza nel riportare i fatti nella loro verità ed interezza non è solo frutto degli sforzi delle istituzioni e degli stakeholders industriali. Molto spesso si verificano episodi di autocensura da parte di chi dovrebbe informare e per deformazioni ideologiche, scelte editoriali o semplice superficialità, i media, dalla stampa alla radio, dalla TV generalista a una parte del world wide web, hanno mostrato un progressivo adeguamento, spesso acritico e incondizionato, alle “versioni ufficiali” diramate dai governi e da agenzie di public relations sempre più invadenti.
A questo si aggiungono gli ostacoli oggettivi che ogni reporter di guerra incontra nello svolgimento della sua professione, come le difficoltà di spostamento e di adattamento in terre diverse e lontane, la sempre più marcata delocalizzazione delle operazioni militari e le stringenti logiche del mercato della comunicazione, senza contare i seri pericoli per la propria incolumità che si possono correre in situazioni particolarmente rischiose - come testimoniano le drammatiche vicende di Ilaria Alpi e Enzo Baldoni.
La trattazione di Oliviero Bergamini, sempre ben strutturata, conduce il lettore nei retroscena dell'informazione di guerra, demolisce i miti e i luoghi comuni più diffusi - come la convinzione che la guerra in Vietnam sia stata persa dagli Stati Uniti principalmente a causa della copertura negativa dei media “liberal” - e si sofferma sulle prospettive del giornalismo di domani.
Alessio Pucciano

Oliviero Bergamini
 Specchi di guerra. Giornalismo e conflitti armati da Napoleone ad oggi
Bari-Roma, Laterza, 2009.

03 marzo 2012

In libreria

Stefania Boscato

Cronisti della democrazia. Il Sindacato della Stampa Parlamentare dalla liberazione di Roma all'Assemblea Costituente 1944 - 1948
Soveria Mannelli, Rubettino, 2011, 206 pp.
Descrizione

Nel luglio del 1944, durante la prima seduta dell’Ufficio di Presidenza della Camera dopo la liberazione della capitale, nel suo discorso di “riconsacrazione” del libero Parlamento, Vittorio Emanuele Orlando si affrettò a disporre la riapertura della sala dei giornalisti a Montecitorio e a richiamare alle sue antiche funzioni il Sindacato della Stampa Parlamentare. La menzione alla stampa parlamentare in uno dei momenti di più alto valore simbolico del secondo dopoguerra esprimeva l’anelito a ripristinare un trait d’union fra Istituzioni e Paese dopo anni di “veline” dal Minculpop. Questo libro analizza le vicende del Sindacato della Stampa Parlamentare negli anni cruciali della fondazione della Repubblica, dal 1944 alla fine dei lavori dell’Assemblea Costituente, collocandole nella giusta prospettiva che intreccia il percorso del giornalismo impegnato nella riorganizzazione della stampa in regime di libertà e la temperie politica del Paese, a cavallo tra l’effervescenza della rinascita democratica e l’aspro scontro politico.
___

02 marzo 2012

La parabola del tubo catodico

Vanni Codeluppi, professore di Sociologia dei consumi e Comunicazione Pubblicitaria, traccia il percorso della televisione dalle origini ai giorni nostri, per mostrarne un declino inesorabile e cercare le cause di un tracollo tanto evidente. Con uno stile semplice e asciutto, offre al lettore una panoramica della storia della televisione che permette di rendersi conto di quanto le aspettative iniziali che sembrava donare il mondo televisivo, siano meramente decadute.
Codeluppi suddivide il libro in tre parti che lo rendono ancora più agile nella lettura ed evidenziano schematicamente le altrettante fasi che la tv ha passato, sino a ridursi a quella che l’autore stesso definisce come “la televisione degli ignoranti”.
Oltre allo stile facilmente apprezzabile, l’autore mostra una forte capacità comunicativa che sembra palesarsi sin dalle prime righe del libro.
Codeluppi apre, infatti, la sua esposizione partendo dal ricordo di una giornata che possa avvicinarlo al lettore: si tratta del 12 settembre 2009, data della celebrazione dei funerali di Mike Bongiorno.
Iniziare la sua analisi partendo da questo momento significativo della storia della televisione italiana, fa sì che l’autore venga percepito da chi legge non tanto come un esperto ma come uno spettatore di pari livello che esprime il suo parere su quanto sta accadendo ai mezzi di informazione.
La narrazione non assume un tono saccente, rivelandosi più che altro una riflessione, che con garbo ci viene offerta da chi può darci maggiori elementi per compiere una nostra personale valutazione della crisi televisiva.
Una crisi che Codeluppi attribuisce, senza mezzi termini, alla politica che a dire dell’autore sfrutterebbe la tv esclusivamente per manipolare le coscienze e portarle all’impoverimento, verrebbe da dire: con orwelliano rimando.
Codeluppi si avvicina ad una fascia di persone molto vasta, il rimando a programmi come Carosello, Rischiatutto e Drive-in, permette di toccare il nervo scoperto del lettore che prova nostalgia per la buona televisione; la riflessione su quello che l’autore definisce come Vetrinizzazione sociale, richiama l’attenzione dello spettatore di oggi, circondato da reality e tv commerciale che, grazie alla sintetica esposizione di Codeluppi, può scoprire una televisione del passato, che rischia di rimanere per lui ignota.
Nel continuo parallelo tra ciò che era e ciò che è la tv, l’autore stuzzica la curiosità del lettore con l’obiettivo di trasformarlo da spettatore passivo a osservatore pensante.
Codeluppi insiste, infatti, sull’influenza sociale del mezzo televisivo che lobotomizza lo spettatore tramite la capacità di far prevalere l’immagine sulla parola.
Una lettura scorrevole che ricorrendo all’uso di ricordi e aneddoti popolari, rende il lettore partecipe della narrazione, perdendo l’aspetto saggistico che avrebbe potuto mostrare.
La strumentalizzazione politica è un messaggio forte che rischierebbe a sua volta di far apparire il libro come un mezzo in grado di manipolare la coscienza del lettore, non più dello spettatore, al fine di indirizzarlo in una precisa corrente di pensiero.
L’autore riesce a prendere le distanze da questo rischio alternando i suoi giudizi sulla tv attuale, con rimandi alla tv delle origini.
Ricordi carichi di un calore famigliare che travolge il lettore, memore di quando la tv si guardava tutti assieme, fuori da casa, preparandosi come per una festa.
Il lettore/spettatore tramite l’esposizione fluida e non sentenziosa di Codeluppi, assume la medicina con un po’ di miele ad addolcirla.
La televisione è in mano alla politica, tutti ne siamo cosapevoli, l’autore non fa altro che mostrarci cosa, a causa di questo fattore, sia andato perso.
Sara Azza

Vanni Codeluppi
Stanno uccidendo la tv
Torino, Bollati Boringheri, 2011, pp.110

____

01 marzo 2012

Lettori digitali





La lettura digitale e il Web.
Lettori, autori ed editori di fronte all'ebook
a cura di eFFe
Milano, Ledizioni, 2011, 151 pp.

Descrizione
Cosa cambia nelle abitudini di lettura di chi sceglie di leggere un ebook? In che modo l’editoria affronta i cambiamenti che il digitale porta con sé? Qual è il ruolo del web nel determinare queste trasformazioni? A queste ed altre domande un gruppo di undici book bloggers, riuniti in occasione di LibrInnovando 2011, tenta di rispondere in questo libro. A partire da un’idea di Marco Giacomello, gli autori offrono riflessioni e ricerche originali, utili tanto al lettore incuriosito dalle possibilità della lettura digitale quanto al professionista – l’editore, l’autore, il libraio – che si trova a vivere i mutamenti dell’editoria.
Ma se cambiano i libri, cambia anche il modo di fare e diffondere cultura in Italia: l’ebook apre nuove possibilità
di condivisione e socializzazione del sapere, che bisogna, criticamente, saper cogliere. Questo volume, parlando senza eccessivi tecnicismi e sempre con un profondo rispetto del lettore, sviluppa alcuni punti nodali e indica delle strade percorribili.

Il libro sarà presentato venerdì 2 marzo 2012, h. 17 al Berio Cafè
Via del Seminario 10 - Genova

Archivio blog

Copyright

Questo blog non può considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001. Chi desidera riprodurre i testi qui pubblicati dovrà ricordarsi di segnalare la fonte con un link, nel pieno rispetto delle norme sul copyright.