Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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30 luglio 2012

In libreria

Fausto Colombo
Il paese leggero. Gli italiani e i media tra contestazione e riflusso (1967-1994),
Roma-Bari, Laterza, 2012, 318 pp.
Descrizione
Fra la fine degli anni Sessanta e la metà degli anni Novanta l'Italia cambia due volte pelle, corpo, anima. Prima, nel decennio 1967-1977, scopre la partecipazione, l'egualitarismo, il femminismo, la democratizzazione della cultura; poi, negli anni fino al 1994, l'individualismo, la microimprenditorialità, il diritto al consumo, la seduzione del benessere e della moda. Due paesi, o meglio due immaginari, il secondo sovrapposto al primo e alla fine vittorioso. Il libro li racconta attraverso un'analisi trasversale dei media: stampa, cinema, fumetto, musica, radio e televisione.
Scorrono, riscoperti in un'analisi del tutto inedita, i fatti, i personaggi, le storie e i testi che hanno appassionato e avvinto gli italiani, guidandoli dalla contestazione al riflusso. Canzoni, film, programmi televisivi, eventi sportivi, protagonisti della cultura e della politica entrano a far parte di un racconto nuovo, che rileggendo il passato ci porta al cuore dell'Italia di oggi. Ne emerge la biografia culturale di un paese leggero: leggero come la fantasia, capace di grandi voli, ma anche come il disimpegno, il disinteresse, la fuga dalla realtà, fino alla tragica dimenticanza delle proprie virtù.
*link all'Indice del libro.
* disponibile anche in formato e-book.

27 luglio 2012

1961 - Telegiornale - 2012


Telegiornale 1961
Stando nel cerchio d'ombra
come selvaggi intorno al fuoco
bonariamente entra in famiglia
qualche immagine di sterminio.
Così ogni sera si teorizza
la violenza della storia.
Nelo Risi

24 luglio 2012

In libreria

Alma Grandin
«www.viraccontoiltg1.rai.it»
Roma, Edizioni Eri, 2012 , 210 pp.
Descrizione
Alma Grandin racconta di come il primo telegiornale italiano abbia sentito l’esigenza di continuare a tenere informati i suoi utenti, in tempo reale, grazie al web. Una scelta importante quella del Tg1 e un’evoluzione nell’informazione del primo canale Rai che crea un flusso continuo di notizie: dalla Tv a internet e viceversa. L’informazione offerta dal sito tg1.rai.it ha un linguaggio dedicato, grazie alla creazione di una redazione online, che dialoga con i telespettatori nel momento in cui diventano “lettori-spettatori-attori” della notizia. Il libro porta poi una sfida: mette a confronto il sito del Tg1 con i maggiori esponenti della Web communication 2.0, del giornalismo nazionale e internazionale. Un passaggio epocale, questo dell’informazione: dal broadcasting televisivo alla fruizione attraverso gli strumenti tipici della Rete, vissuto da tutte le redazioni del Tg1 e reso possibile tramite tg1.rai.it. Scriveva Enzo Biagi: «Mestiere e curiosità mi hanno portato in tanti luoghi lontani, e sempre tra la gente: così, la piccola avventura di un giornalista si è intrecciata con gli eventi che, in questi ultimi trent’anni, hanno cambiato le sorti del mondo». Noi crediamo che internet sia uno di questi.
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Lorenzo Terranera
L'Italia di Ballarò

Prefazione di Giovanni Floris
Roma, Edizioni Eri, 2012, 204 pp. 
Descrizione
Dieci anni di Ballarò nelle illustrazioni di Lorenzo Terranera commentate dalle più grandi firme del giornalismo italiano.

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23 luglio 2012

Napoleone il comunicatore

"Le sole conquiste che non lasciano nell’animo
l’amarezza sono quelle si vincono contro l’ignoranza”.
Napoleone

Da poco ho terminato di leggere Napoleone il comunicatore e già la mia mente ha difficoltà a liberarsi dalla “vischiosità” della parola. Ennesima conferma della sua forza. Sul grande Condottiero si è scritto in lungo ed in largo, ovunque si colgono luccichii delle sue capacità tattiche, ma sempre mettendone in risalto l’arte della guerra. Una guerra fatta con la forza dei numeri e delle armi da fuoco che sembravano le sole a poter determinare le sorti delle battaglie. Eppure dietro a sciabole e fucili si celava un’arma che, allora come oggi, ha mantenuto inalterata la sua forza. Un’arma che non subisce il logorio del tempo, che si presenta invincibile anche là dove il possesso di quelle più sofisticate sembrerebbe provare il contrario. Ma di cosa stiamo parlando? Semplicemente della parola. Ebbene Napoleone seppe sfruttarla in modo raffinato e, appunto, invincibile. Seppe precorrere i tempi per quella che, solo oggi però, siamo abituati a definire opinione pubblica. Ne comprese la forza: "L’opinione pubblica è una potenza invisibile, misteriosa, alla quale nulla resiste". E ancora il merchandising, termine di provenienza commerciale ed entrato nell’uso comune, dal quale trasse la giusta forza con l’aquila imperiale e la N che campeggiava ovunque come simbolo di supremazia. Venditore di sogni, con la Legion d’onore, in grado di trasformare la vita dei francesi con la svolta epocale di premiare il merito anziché il ceto. Editore in pectore scriverà al Direttorio: “Di qui partiranno i giornali e gli scritti di ogni genere che infiammeranno l’Italia.” Accompagnato dalla forza della parola scenderà tra la folla, incontrando gli umili, rispondendo con prontezza ed affabilità alle loro domande distinguendosi, sapientemente, dai regnanti del passato. Vinse battaglie epiche e fu ad un passo dal conquistare il Mondo, semplicemente, perché seppe comunicare.
Fabrizio Pronzalino

Roberto Race
Napoleone il comunicatore.
Passare alla storia non solo con le armi
Milano, Egea, 2012, 144 pp.

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22 luglio 2012

In libreria

Franco Pierno
"Stampa meretrix". Scritti quattrocenteschi contro la stampa
Venezia, Marsilio, 2012, 80 pp.
Descrizione
La fine del libro cartaceo si avvicina? Qualche anno fa, i primi e-book non facevano certo temere per un’estinzione del sapere stampato; di recente, tuttavia, la tecnologia ha molto migliorato la funzionalità del libro elettronico, rendendolo più maneggevole ed efficace. Alcuni si entusiasmano per le innumerevoli possibilità editoriali che questo cambiamento epocale comporta; altri, invece, evocano scenari apocalittici. Poco meno di seicento anni fa, la comparsa del libro stampato aveva suscitato altrettanti entusiasmi e timori in una società che sino ad allora aveva conosciuto solo la scrittura a mano. A Venezia, città che aveva intensamente vissuto la nascita e gli sviluppi dell’ars typographica, il rapido propagarsi della stampa aveva rivoluzionato i meccanismi socio-culturali, provocando situazioni contrastanti. Se disponiamo di ampie testimonianze circa le vicende giuridiche e amministrative relative ai primi esperimenti editoriali, documentare le diffidenze e i timori che li avevano accompagnati è invece impresa meno agevole. Qualche interessante testimonianza ci proviene da pochi e frammentari scritti marginali (in genere poesie), stesi talvolta a corredo di opere più importanti e raccolti ora in questa antologia. Grazie a essi, l’euforia e l’ostilità nei confronti della stampa, conosciute soprattutto attraverso cifre e statistiche industriali, trovano anche un’espressione letteraria. 
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21 luglio 2012

In libreria

Indro Montanelli
Ve lo avevo detto
Prefazione di Massimo Fini
Milano, Rizzoli, 2011, 182 pp.
Descrizione
[...] Questo libro raccoglie per la prima volta in modo organico gli interventi più accesi degli ultimi anni d’attività di Montanelli: editoriali, risposte ai lettori e articoli sferzanti che oggi suonano come una profezia della cronaca dei nostri giorni. Basta leggere cosa scriveva nel 1998, quando, preoccupato che il caso Berlusconi paralizzasse il Paese, proponeva un referendum con questa formula: “Volete voi l’abrogazione dei reati in base ai quali è stato condannato l’on. Silvio Berlusconi?” perché tutti ne intendessero subito il signifi cato. O ancora quando metteva impietosamente alla berlina i difetti del Cavaliere: bugiardo congenito, con un’innata tendenza al vittimismo, circondato da un drappello di parassiti servili, eccessivo, ignorante, volgare. La metastasi del berlusconismo oggi è più evidente di allora e, anche se Indro non c’è più da dieci anni, questo suo lungimirante atto d’accusa delinea il ritratto impietoso dell’Italia dei nostri giorni, un Paese che Montanelli non ha fatto in tempo a vedere, ma che si era perfettamente immaginato.

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19 luglio 2012

Diritti umani ed informazione

 
Brevi cenni storici
Fra il XVII e il XVIII secolo assistiamo ad un momento topico nella determinazione del concetto di diritto: l'approccio “giusnaturalistico” si contrappone frontalmente a quello “giuspositivistico”.
Si tratta cioè di affermare la supremazia assoluta delle leggi etico-morali (naturali) su quelle positive (statuali) secondo il principio del ius quia iustum, piuttosto che il contrario secondo la logica del ius quia iussum.
La diatriba, lungi da essere sottigliezza dottrinaria, ha epocali risvolti politici: è infatti in nome dell'impostazione giusnaturalistica che vengono contestate le monarchie assolute e i privilegi aristocratici. I sommovimenti politici che coinvolgono la tematica del diritto nel corso di questi due secoli producono diversi testi legislativo-costituzionali ( “Bill of rights” 1689, “Costituzione degli USA” 1787, “Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino” 1789 ) dai quali emerge già chiaramente il concetto di “diritti umani”, quella sfera di diritti individuali (civili, politici, sociali, economici, culturali) e tendenzialmente universali che a nessun titolo può essere lesa o negata. Il “cammino” dei diritti umani prosegue nei secoli successivi, non senza incontrare resistenze e difficoltà, fino ad arrivare al dopoguerra del primo conflitto mondiale; nel 1919 infatti con il Trattato di Versailles si istituisce la Società delle Nazioni che si propone come nuovo strumento di regolamentazione del diritto internazionale, anche se lo scoppio della seconda guerra mondiale vanifica questo tentativo.
E' solo con la creazione dell'ONU e l'approvazione della Carta delle Nazioni Unite del 1945 che gli stati si dotano di un organo riconosciuto internazionalmente il cui compito è quello di “.... incoraggiare il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali...” (art. 1). Nel 1948, infine, l'Assemblea Generale dell'ONU approva la “Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo” chiarendo e precisando quali siano i diritti che intende promuovere e salvaguardare su scala globale.
L'Italia dei diritti umani oggi
Dal 1948 ad oggi, in area europea-atlantica, l'ONU, l'Unione Europea e l'Italia stessa hanno adottato una lunga serie di documenti e trattati volti ad estendere e a perfezionare le disposizioni già esistenti in materia di diritti umani. A tale proliferare di impegni su carta fa però da contraltare su scala globale un' uguale consuetudine all'inosservanza delle norme che ci si è impegnati a rispettare. Per quanto riguarda l'Italia si possono rilevare in particolare due punti di criticità: il sistema dei “media mainstream” e la tutela delle prerogative dei migranti\richiedenti asilo.
A. I media cosiddetti “mainstream” privati (carta stampata, televisione) risentono di forti concentrazioni proprietarie, e gli editori “puri” sono una assoluta rarità nel panorama italiano. Infatti i media privati risultano, nella maggioranza, influenzati significativamente nella loro obiettività dai conflitti di interessi di natura politica ed economica dell'editore. In ambito pubblico bisogna altresì notare come la RAI risenta di una forte lottizzazione da parte delle forze politiche, sia per quanto riguarda la gestione aziendale, sia per quanto riguarda i contenuti. La legislazione che regola la professione giornalistica non garantisce sufficientemente l'indipendenza del giornalista, cosi come il proliferare di nuove forme contrattuali, dette paradossalmente “atipiche”, ha determinato una progressiva “proletarizzazione” del lavoro giornalistico, sia in termini retributivi, sia in termini di tutela del lavoratore. Un quadro così sconfortante ha come risultato un sistema mediatico sostanzialmente uniforme, poco incline all'indagine e buon amico di un potere che, come è facile constatare, ha spesso bisogno di un buon “cane da
guardia”.
B. Le illegalità e le violazioni dei più elementari diritti umani perpetrate dallo Stato Italiano nei confronti dei migranti sono state, nel terzo millennio, assai numerose e gravi. Un esame o anche una elencazione completa è impossibile e pertanto saranno presi in considerazione tre fra i fatti a mio avviso più gravi e dolorosi degli ultimi anni: l'istituzione del reato di clandestinità, gli accordi Italia-Libia in tema di controllo delle coste e l' “emergenza” degli sbarchi a Lampedusa.
B1. Con la legge Bossi-Fini del 30 luglio 2002 si istituisce il reato di “clandestinità” che colpisce tutti coloro i quali, non in possesso di documenti comunitari, vengano sorpresi sul territorio nazionale sprovvisti di permesso di soggiorno e prevede la notifica del provvedimento d'espulsione in libertà o l'accompagnamento in un CIE; se si viene sorpresi in non ottemperanza al decreto in questione si rischia una condanna penale da 1 a 4 anni.  Tale permesso è rilasciato in seguito alla richiesta d'asilo, in seguito ad una regolare assunzione o in casi speciali. Il problema, sottolineato anche da Amnesty International nel suo rapporto annuale 2006, è che a moltissimi potenziali richiedenti asilo non viene sufficientemente garantito l'accesso a tale possibilità, perché costretti in un CIE. Ulteriori problemi di costituzionalità della legge sono stati sollevati in relazione alla carcerazione per clandestinità: si colpirebbe uno status individuale e non un comportamento, contravvenendo alla Costituzione italiana.
B2. Sempre Amnesty International, suffragata da drammatici report giornalistici e documentari, pone l'attenzione sul trattato firmato nel 2008 a Bengasi fra il governo italiano e quello libico. Fra le altre cose il documento prevede una serie di impegni relativi alla gestione dei flussi migratori, con particolare riferimento a quelli provenienti dall'Africa subsahariana, che interessano la Libia come meta intermedia verso l'Europa e l'Italia.  Si contesta infatti al governo italiano di aver finanziato e aver fornito supporto logistico-materiale alla polizia di Gheddafi in cambio della garanzia che i migranti venissero trattenuti in Libia (ovvero arrestati), senza che sussistessero le ben che minime garanzie che i mezzi messi a disposizione non venissero impiegati nell'esercizio di attività palesemente illegali da ogni punto di vista ed oggettivamente inumane, cosi come è di fatto avvenuto. La testimonianze di tutto ciò (arresti illegali, violenze sessuali sistematiche, torture, corruzione della polizia) sono diverse, ma le più eclatanti sono sicuramente quelle dei migranti che le hanno subite e che, a volte dopo anni, sono finalmente riusciti ad arrivare in Europa e a raccontare quanto avvenuto, come mostra drammaticamente il documentario “I have confidence with you” di Fabrizio Matteini.
B3. Quella di Lampedusa è una vicenda esemplare della cinica maniera in cui i recenti governi italiani hanno sfruttato l'arrivo dei migranti in chiave politica, senza alcuna volontà di reale gestione del problema. Infatti nei mesi successivi alle rivoluzioni nordafricane (le cosiddette primavere arabe) parte il battage mediatico (di chiaro imprinting governativo) che descrive una situazione “emergenziale” sia per Lampedusa sia per tutta l'Italia. Di fatto si rallentano inverosimilmente i trasferimenti dei migranti sbarcati sull'isola verso il continente (in tutto poche decine di migliaia in diversi mesi), in maniera tale da creare effettivamente una situazione pericolosa (anche se circoscritta alla sola Lampedusa) e spendibile, attraverso i media, di fronte alla pubblica opinione come ”emergenza immigrazione”: si fa così leva sui sentimenti più bassi della gente. Inutile dire che si tratta di questione legata alla manutenzione del consenso politico da parte di chi profetizza sventura e fa di tutto perché la sua profezia si auto-avveri. Bastano due dati per smascherare la mistificazione: l'assoluta maggioranza dei migranti “clandestini” arriva da sempre in Italia in aereo con un visto turistico e diventa irregolare quando questo scade; qualche decina di migliaia di arrivi,inoltre, distribuiti in numerosi mesi, non costituisce un dato eclatante: ricordiamo che nel momento di punta della emigrazione dall'Albania si parlava di cifre con uno zero in più.
Conclusioni
L'Italia sembra dunque un paese senza molto rispetto per i diritti umani, specialmente quando si parla di non italiani, di migranti. Da parte di molte forze politiche si fa un uso sistematico di logiche identitarie e finalizzate a suscitare paura, per captare e mantenere il consenso degli elettori senza alcuno scrupolo per gli effetti di una simile condotta. Possiamo aggiungere in più, che non è la cittadinanza italiana o europea a proteggere dagli abusi dei governi che si succedono alla guida nel nostro paese: basti pensare ai tragici fatti svoltisi nel luglio 2001 presso la scuola Diaz di Genova, abusi anche questi assolutamente impuniti e definiti da Amnesty International “...la più grande violazione di massa di diritti umani in Europa dal dopoguerra ad oggi”.  Il quadro è insomma quello di un potere che non sente i diritti umani come prerogative insopprimibili e preminenti, ma piuttosto come uno stravagante orpello da ignorare quando sia utile a calcoli politici di parte, e che gode della complicità di un sistema mediatico “ufficiale” troppo docile.
Carlo Ramoino
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14 luglio 2012

In libreria

Antonio Loconte,
Senza paracadute. Diario tragicomico di un giornalista precario
Prefazione di Antonio Capranica 
Bari, Adda editore, 2012
Descrizione
Dall’improvviso licenziamento all’esordio, il sogno diventa incubo dopo aver camminato cinque metri sopra il cielo. Senza paracadute è la storia di un cronista qualunque, uno di quelli lontani da lustrini, riflettori e stipendi faraonici. Un manovale della parola costantemente appeso al filo sottile del precariato, lo stesso che tiene in bilico metalmeccanici e impiegati. Eccezionali sono invece le centinaia di storie attraversate come un uragano dall’autore durante il suo tortuoso percorso professionale e umano, fatto di sgambetti, decisioni delicate, rinunce, qualche gratificazione, ma nessun rimpianto. Una riflessione ironica sull’attuale stato di salute e il futuro del giornalismo italiano, insieme alle considerazioni agrodolci sul mondo del lavoro. Una storia vera vissuta su una pelle ormai piena di segni e speranze. Cos’hanno in comune il racconto di un drammatico incidente stradale e quello di un provolone da guinness world record? Il dovere di non stare zitti diventa passione, impegno, voglia di dare voce a chi resterebbe per sempre ai margini di una società pronta a sentenziare nei talk show pomeridiani, ma incapace di ascoltare il bisogno del vicino di casa. Senza paracadute non è solo un libro per addetti ai lavori. È soprattutto l’esempio concreto di quanto possa essere stravolta anche la più tranquilla delle esistenze e di come ognuno reagisca in maniera diversa a ciò che sfugge alla logica.
*segnalato da C.S.
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12 luglio 2012

In libreria

Edoardo Sanguineti
La ballata del quotidiano. Interviste di G. Galletta (1994-2009)

Genova, Il Melangolo, 2012, 103 pp.
Descrizione
Sanguineti ha sempre considerato la scrittura su quotidiani e settimanali un momento decisivo di socializzazione dei saperi. La ballata del quotidiano va inserito in questo quadro. La cifra essenziale è quella di un tentativo di mutare decisamente il modo di comunicare e la lingua massmediale dei quotidiani servendosi sì di linguaggi tecnici, ma anche di ironia e humour. Ma soprattutto ci si affida alla conversazione (qui nella forma dell’intervista), non solo per comunicare, ma per conoscere.

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08 luglio 2012

In libreria

Angelo Paoluzi
Voci di carta. Dall'universo della stampa cattolica
Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2012, 242 pp.
Descrizione
Questo volume è il frutto di un'inchiesta sulla stampa cattolica scritta, condotta dall'autore (di cui si riporta una breve scheda biografica) nell'arco degli ultimi due anni, in cui vengono passati in rassegna fatti e protagonisti del giornalismo cattolico italiano e internazionale. Nonostante le nuove tecnologie abbiano portato dei profondi mutamenti nel mondo della comunicazione, l'autore non crede alla scomparsa del giornalismo 'su carta' e tale convinzione viene testimoniata da questo suo lavoro, che non si limita a snocciolare dati e cifre, ma consiste in una sorta di compendio della realtà della stampa cattolica, in cui sono compresi non solo i mezzi di comunicazione ma anche le strutture di sostegno, prima fra tutte la Sala Stampa Vaticana. Il libro risulta di particolare interesse agli appassionati di informazione, a tutti coloro che operano nell'universo dei mass media, come testimonianza del percorso non facile dell'informazione religiosa, ma anche come stimolo a rinnovare le tappe di questo particolare genere giornalistico.

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03 luglio 2012

Do your best and link to the rest

 
"Fai quello che sai fare meglio e
metti un link a tutto il resto"
Jeff Jarvis, BuzzMachine, 2007

Janis Krums e l’aereo precipitato nel fiume Hudson, il terremoto dell’Aquila, l’assassinio di Neda Agha-Soltan durante una manifestazione a Teheran, Alberto Macaluso e il deragliamento di un treno merci a Viareggio, la disperazione di una mamma, Patrizia Moretti, per l’assurda morte del figlio Federico Aldrovandi a Ferrara. Cinque storie apparentemente così distanti non sono accumunate solo dall’essere accadute nello stesso anno - il 2009 - ma anche da un nuovo modo di elaborare le notizie, diventandone parte attiva, facendo cadere l’antiquata barriera tra media e pubblico. Sergio Maistrello parla di un vero e proprio"nuovo ecosistema" in cui,grazie alle nuove possibilità tecnologiche, chiunque armato di buona volontà può assolvere il compito di diffondere l’informazione presso i propri simili, essere"citizen journalist", cittadino attivo al servizio della comunità. Tutto ciò si sviluppa attraverso il Web, la rete che abbatte ogni confine spazio temporale, travolge le gerarchie dei ruoli trasformandoci in testimoni di eventi tragici o inaspettati, dando voce a ciò che senza queste nuove frontiere probabilmente non sarebbe stato degno di nota o volontariamente nascosto. È il mondo di Internet, grande piattaforma libera,dove al posto di concorrenza e competizione subentrano collaborazione e cooperazione con lo scopo di poter sempre migliorare grazie al contributo altrui. Questo specchio della realtà che permette infinite possibilità di aggregazione e creatività uniche nel loro genere si diffonde concretamente all’inizio del nuovo millennio. Con la nascita del Web 2.0 prende avvio un processo di grande cambiamento che agevolerà notevolmente le nostre vite, incentivando talvolta la pigrizia, ma rendendoci più autonomi e consapevoli. A tutt’oggi le sorprese che il Web ci riserva per il futuro sono ancora molte, essendo la rete un qualcosa di pulsante in continua crescita e trasformazione. In questi anni abbiamo assistito all’esplosione dei così detti social media come blog, wiki, podcasting e social network dove gli individui per la prima volta si autopropongono con le loro idee, passioni e saperi a tutti gli interessati con lo scopo della condivisione e della creazione di una più ampia rete. Dopo averci guidati attraverso le novità più originali in materia di comunicazione e rapporti sociali via Web, Maistrello conduce un’accurata analisi su come le aziende giornalistiche abbiano reagito alla dirompente nascita della società digitale. Nel mondo dove "tutti possono comunicare con tutti in qualunque momento" l’industria editoriale deve essere in grado di sapersi reinventare,puntando sul valore aggiuntivo del proprio lavoro e su ciò che può essere realizzato meglio degli altri,ovvero sulla qualità. I primi a comprendere la nuova logica del mercato sono stati gli Stati Uniti dove da anni le redazioni si stanno riorganizzando,avviandosi verso una maggiore interazione con il proprio pubblico, auspicando trasparenza e migliore integrazione tra carta e Web. In Italia invece si respira riluttanza verso questo nuovo modo di concepire il giornalismo e l’unico quotidiano a tener testa ai giornali esteri nella corsa all’integrazione del web fino al 2010 è stato "La Repubblica". In questo clima non sono mancati esperimenti di ispirazione straniera come "Il Post", quotidiano online diretto da Luca Sofri, Dig It esperimento di "giornalismo on demand" al servizio delle inchieste o YouReporter.it piattaforma italiana di videogiornalismo creata nel 2007 da due ventenni milanesi. È certo che chi vuole sopravvivere deve necessariamente sapersi adattare alle nuove forme di comunicazione, senza sentirsi sopraffatto dalla vastità delle risorse, ma sfruttandole come nuova opportunità di lavoro e interazione. L’informazione diviene sempre più spontanea e di conseguenza veritiera e libera, magari lasciando anche un po’di spazio alla creatività dei più giovani che spesso nel Web si sentono a casa.
Ludovica Brunamonti

Sergio Maistrello
Giornalismo e nuovi media.
L’informazione al tempo del citizen journalism
Milano, Apogeo, 2010, 228 pp.

02 luglio 2012

Sedici storie di giornalismo di guerra

Il volume Guerra e informazione è curato da Maurizio Torrealta, giornalista di lungo corso della Rai, ha collaborato al programma “Samarcanda” per poi essere assunto al Tg3, attualmente è responsabile delle inchieste di Rainews 24. Il libro è un insieme di testimonianze di giornalisti, scrittori e voci importanti della stampa internazionale. Sono sedici racconti, sedici storie vere, vissute dai protagonisti come inviati per le loro testate, ma anche come persone, esseri umani che hanno dovuto raccontare momenti, fatti e personaggi in situazioni critiche.
Il tema della guerra può considerarsi un “evergreen” purtroppo ed il fatto che questi scritti siano stati pubblicati tra il 2002 e il 2004 potrebbe lasciare pensare che siano ormai sorpassati. Nulla di più errato. Naturalmente il tema portante è il terrorismo, l’attacco al World Trade Center, la situazione in Palestina e nel resto del Medio Oriente nonché riguardo all’attenzione che l’Occidente (in particolare gli Stati Uniti) ha avuto verso quei Paesi diventati da preziosi alleati a “Stati canaglia”.
Il clima che si respira in quasi tutti i racconti non è quella canicola irrespirabile che si poteva percepire ogni giorno davanti a un Tg o un quotidiano dell’epoca, intriso di allarmi, paura e fobie.
C’è invece un senso di nitidezza nell’analisi delle cose che si rivelano molto più semplici di quanto per anni si è voluto far credere con il mezzo di potere che (storicamente) ha funzionato maggiormente: la paura.
Di certo sia Fisk che Abdel Bari Atwan, avrebbero potuto instillare il terrore che hanno provato ad intervistare Osama Bin Laden (in tutto solo tre giornalisti sono riusciti nell’impresa). Invece Fisk fa un paragone tra il terrorista saudita e G.W.Bush, all’epoca presidente in carica degli Stati Uniti, in quanto entrambi utilizzano gli stessi termini di “Guerra del Bene contro il Male” oppure che si dovrà combattere la “Madre di tutte le battaglie”. Atwan descrive addirittura Bin Laden come “Alto, magro con un volto rilassato ed un sorriso dolce che parlava a voce bassa senza mai interrompere il suo interlocutore (...) era molto umile nel comportamento”.
Si nota una netta differenza tra i giornalisti occidentali (fatta forse eccezione per Robert Fisk dell’Independent, che non a caso vive in Libano) e quelli africani e o mediorientali.
Le firme scelte, sono veramente mirate: Amira Hass è una giornalista israeliana che racconta la vita nella Striscia di Gaza, con occhio lucido. Ha perso lettori ed è stata duramente criticata sia dai palestinesi che dagli israeliani, o meglio da quei palestinesi ed israeliani che non vogliono sentirsi raccontare come vanno le cose veramente nei territori occupati.
È interessante scoprire come ogni storia abbia più storie al suo interno, dalla biografia di scrive alle loro esperienze, ai consigli e anche alle opinioni di coloro che stando sul campo, hanno una visione differente dalla maggior parte del mondo.
Prima di concludere, credo sia necessario citare altri autori, come la compianta Anna Politkovskaia, che se possibile lascia un’immagine ancora più critica e commovente della difficoltà di raccontare ciò che accade in Cecenia. Inoltre all’epoca la Politkovskaia era ancora viva, ma questo non fa altro che rafforzare il merito del suo lavoro.
L’ultima parte del libro riporta testimonianze di autori africani o che lavorano nell’Africa subsahariana. Peter Verlinder, Baffour Ankomah e Joachim Mbanza, narrano la storia di un’Africa come teatro delle marionette. L’Occidente con la colonizzazione violenta prima ed economica poi, ha segnato in modo irrevocabile la situazione africana. Elezioni pilotate dalla CIA, golpe, rivoluzioni e le “guerre tribali” che in realtà non sono tali dato che sono stati proprio i colonizzatori a tracciare col righello delle linee che non hanno mai tenuto conto delle nazioni vere, già presenti proprio con le tribù (lo spiega bene Ankomah).
Infine gli italiani Antonio Ferrari, del Corriere della Sera e Giovanna Botteri, inviata del Tg3, raccontano con schiettezza la vita del reporter di guerra, delle sue difficoltà, dei pericoli, degli orari assurdi che scandiscono la giornata e della preoccupazione di chi ha una famiglia a casa.
Lascio alla Botteri il compito di descrivere il perché sia lì invece che a casa con sua figlia: “Lo faccio perché è per questo che sono qui, per informare quelli che sono dall’altra parte dello schermo in modo neutrale e per fornire loro gli elementi necessari alla formazione di un giudizio personale”.
Diego Cambiaso


Guerra e informazione. Un’analisi fuori da ogni schieramento
a cura di Maurizio Torrealta
Milano, Sperling & Kupfer, 2005, 290 pp.
Gli autori
• Giovanni De Mauro- fondatore e direttore di “Internazionale”
• Marjane Satrapi - scrittrice, fumettista iraniana autrice di “Persepolis”
• Mawafak Tawfik- giornalista di Al Jazeera
• Salima Ghezali - direttrice del quotidiano algerino “La Nation”
• Giovanna Botteri - all’epoca inviata di guerra per il Tg3, oggi è corrispondente dagli USA
• Baffour Ankomah - ghanese, direttore della rivista “New African”
• Marc Cooper - giornalista di “The Nation”, collabora con il “L.A. Weekly” e il “Los Angeles Times”
• David A.Klatell - direttore della Scuola di Giornalismo della Columbia University
• Anna Politkovskaia - all’epoca scrittrice di punta della “Novaja Gazeta”, uccisa il 7 ottobre 2006 in circostanze da appurare
• Ignacio Ramonet - direttore de “Le Monde Diplomatique”
• Antonio Ferrari - inviato del “Corriere della Sera”
• Peter Verlinden - giornalista della VRT, radio-televisione pubblica belga, con vasta esperienza in Africa
• Joachim Mbanza - direttore de “La semaine africaine”, settimanale congolese
• Robert Fisk - inviato di guerra prima del “The Times” oggi per “The Independent”
• Amira Hass - corrispondente dai territori palestinesi del quotidiano israeliano “Haaretz”
• Abdel Bari Atwan - palestinese, fondatore e direttore di “Al-Quds Al-Arabi” a Londra.

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