L’anno in corso sembra nato all’insegna dei sacrifici e dell’austerity. I provvedimenti assunti al termine del 2011 dal Governo “dei Professori” e quelli approvati di recente, insieme a quelli ancora allo studio, promettono la risoluzione della grave crisi economica in cui l’Italia è sprofondata.
Contemporaneamente, però, hanno imposto una serie di misure che hanno ridimensionato le entrate delle famiglie, oltre ad un depauperamento dei risparmi. Misure che richiederanno una sensibile riduzione dei consumi o un notevole incremento dei costi da sostenere per soddisfare i bisogni.
Sull’onda delle gravi difficoltà che sono all’ordine del giorno non solo per l’Italia, ma anche per i Paesi più deboli dell’Eurozona e che ogni giorno interessano l’opinione pubblica e la stampa internazionale, anche oggi i quotidiani mettono in primo piano le gravi difficoltà in cui si dibatte il vicino dell’Italia, la Grecia; paese, a detta degli esperti, a grave rischio di fallimento. Ma i circa undici milioni di abitanti di questo Stato, già stremati dalla crisi in atto, sono in preda al panico per le implicazioni che si riverbereranno sul loro futuro. I ceti medio-bassi si stanno ribellando contro quello che considerano un autentico attentato alle loro condizioni di vita. La vita dei greci è infatti già pesantemente segnata dalla disoccupazione, giunta ormai a livelli insostenibili (si parla del 20%) e dai futuri tagli sia all’occupazione che ai salari minimi, che scenderanno a 500 euro mensili, ben al di sotto della soglia di povertà. L’interrogativo che appare scontato è quello di domandarsi quali sviluppi avrà l’incendio di piazza Syntagma ad Atene e se il fuoco potrà estendersi anche ad altre parti dell’Europa.
Queste notizie possono in qualche modo essere collegate a quelle divulgate ieri dal quotidiano “La Repubblica” e dai notiziari televisivi, che riferivano di incontri “segreti” tra il Primo Ministro italiano e il Leader del sindacato italiano con più iscritti, per cercare un’intesa sulla riforma del lavoro che salvaguardi i diritti e la dignità dei lavoratori.
Oltre che allarmare me e penso gran parte dell’opinione pubblica, queste notizie mi offrono nondimeno lo spunto per fare una riflessione sui vari momenti della storia in cui le condizioni economiche e le questioni sociali hanno significativamente richiamato l’attenzione della stampa sulle scelte della politica e di coloro chiamati a governare.
Gli avvenimenti importanti che hanno caratterizzato la storia in questo senso sono molti; tuttavia, in questo momento, intendo incentrare la mia attenzione sul fatto che proprio nel 2012 ricorre il centoventesimo anniversario della fondazione del Partito dei Lavoratori Italiani, avvenuto a Genova, alla Sala Sivori, nel 1892, che più di ogni altro si è battuto per i loro diritti.
In questa sede non mi sembra il caso di ripercorrere la cronologia degli avvenimenti di quell’anno; tuttavia mi piacerebbe fare una riflessione più approfondita sul profilo di un personaggio: un letterato-giornalista, rappresentante a tutti gli effetti della classe borghese del tempo, che è pervenuto alla scelta di aderire all’idea socialista attraverso un cammino anche molto sofferto sotto il profilo personale, proprio alla vigilia della fondazione del partito. Mi sto riferendo ad Edmondo De Amicis, nato ad Oneglia nel 1846.
Dopo aver frequentato l’Accademia Militare ed essere diventato ufficiale, nel 1867 De Amicis fu incaricato della direzione della rivista dell’esercito “L’Italia Militare” a Firenze. Nel 1870, ancora come ufficiale, assistette alla presa di Roma come inviato speciale. Il successo delle sue corrispondenze, commissionate anche da altri quotidiani, lo indusse a interrompere la carriera militare per tentare la via della letteratura e del giornalismo.
Viaggiò molto e come inviato prima de “La Nazione” e dopo dell’ “Illustrazione Italiana” scrisse una fortunata serie di volumi-reportages sui vari Paesi visitati: Ricordi di Londra (1872), Spagna (1872/73), Olanda (1874), Marocco (1876), Costantinopoli (1878) e Ricordi di Parigi (1879). In seguito risultò anche collaboratore di “Serate Italiane”, “Nuova Antologia”, “Rivista Minima”, “Capitan Fracassa”, “Cronaca Bizantina” e “Museo di famiglia”.
Su invito di un quotidiano di Buenos Aires, nel 1884 De Amicis si recò in Argentina ed ebbe l’occasione di fare una seria riflessione sul dramma vissuto dagli emigranti, puntualmente trattato nel romanzo-reportage del 1889, Sull’Oceano, che avrebbe determinato una svolta nella sua produzione letteraria. Il suo impegno sociale proseguì, infatti, con altri romanzi a sfondo politico: Il romanzo di un maestro (1890) e La maestria degli operai (1895) sono altrettante testimonianze della scarsa considerazione in cui erano tenuti maestri e maestre, ritratti come esempio di proletariato intellettuale.
De Amicis aderì sinceramente al nascente Partito Socialista nel 1891, al punto da spingersi ad una severa autocritica delle idee nazionaliste contenute nel suo libro di maggior successo, “Cuore”, del 1886. Suoi articoli critici apparvero in seguito sull’“Avanti!” e periodici come “Critica Sociale”, “Il Grido del Popolo”, “lotta di classe”, “Per l’Idea”, “Rassegna popolare del socialismo” e “La Squilla”.
Il suo impegno politico non venne mai meno, malgrado le cautele impostegli dall’editore Treves a cui era legato, e dal figlio Ugo che ostacolò fortemente le frequentazioni legate al socialismo del padre. Nonostante ciò, De Amicis scrisse altre opere che testimoniano la sua fede politica (Gli Azzurri e i rossi, 1897, Lotte civili, 1899 e La carrozza di tutti,1899). Nel 1891 Edmondo De Amicis iniziò la stesura di un romanzo, Primo Maggio, che rifletteva appieno la sua marcia di avvicinamento al socialismo e la sua visione della questione sociale. Primo Maggio è la storia di un intellettuale torinese che diventa socialista e si scontra per questo con i pregiudizi dei benpensanti. Il romanzo è ambientato nella Torino che vive la prima celebrazione del Primo Maggio, risoltasi peraltro un po’ ovunque in disordini che lasciarono sul terreno qualche morto e diversi feriti. Il romanzo autobiografico, testimonianza non solo del rigore delle sue letture marxiane, ma anche delle riflessioni dello scrittore sulla questione sociale, rimase incompiuto, nonostante che se ne avesse notizia e che la pubblicazione fosse stata più volte annunciata come imminente (del romanzo parlò D. Mantovani sul "Corriere della Sera" del 2 maggio 1909, con un articolo dal titolo Il Primo Maggio di Edmondo De Amicis e in tempi più recenti D. C. Eula in Il Primo Maggio 1894, apparso su “La Gazzetta del Popolo” del 9 gennaio 1937).
De Amicis, i cui ultimi anni furono segnati dalla morte della madre a cui era profondamente legato, dal suicidio del figlio Furio poco più che ventenne e da aspri dissidi con la moglie, culminati con la separazione, morì a Bordighera nel 1908. Il manoscritto de Il Primo Maggio fu donato, insieme a tutta la documentazione d’archivio dello scrittore, al Comune di Imperia dal figlio Ugo, che ne autorizzò la pubblicazione, nel 1980, a cura dei Professori dell’Ateneo genovese, G. Bertone e P. Boero.
Tornando a parlare di anniversari: nel 2012, sempre con attinenza alla storia del partito socialista italiano, ricorre quello dell’istituzione dell’ENEL (nel novembre del 1962) da parte del quarto governo Fanfani. L’ENEL fu costituito su proposta dell’Onorevole Aldo Moro che accolse le richieste del P.S.I. I Socialisti, su spinta dell’esponente della sinistra del partito, Riccardo Lombardi, condizionarono il loro sostegno al Governo proprio all’istituzione dell’ENEL e alla nazionalizzazione dell’energia elettrica. L’anno successivo Pietro Nenni, leader storico dei Socialisti italiani, avrebbe ottenuto la vicepresidenza del Governo presieduto da Aldo Moro.
Poiché ho parlato prima della nascita del partito socialista e poi della sua ascesa al governo, non posso tralasciare di citare un altro anniversario che cade nel 2012. Infatti, ricorre anche il ventennale della serie di avvenimenti individuati talvolta con l’appellativo di “Mani pulite”, talaltro con “Tangentopoli”. I fatti che all’epoca fecero molta sensazione ed ebbero grande risalto sull’opinione pubblica, documentavano inequivocabilmente un malcostume di corruzione che interessava buona parte della classe politica dell’epoca ed in primis una forma diffusa di finanziamenti illeciti dei partiti politici. Questi avvenimenti hanno segnato la fine della prima Repubblica e con essa di vari partiti storici, tra cui anche il Partito Socialista, che era al Governo. Il partito esiste di fatto ancora, ma con una percentuale di voti (inferiore all’1%) che lo esclude dal Parlamento.
Nel ventennale di Tangentopoli, la subentrante “seconda Repubblica”, stando alle vicende di cronaca apparse proprio di recente sulle pagine dei quotidiani, non sembra aver modificato di molto i costumi della classe politica, perciò il titolo di un articolo di Ernst Nolte del 1986, Il passato che non passa, è tuttora e sempre attuale.
Claudio Odino
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