Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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28 settembre 2012

In libreria

Ugo Intini
 «Avanti!» Un giornale, un'epoca
Roma, Ponte Sisto, 2012, 750 pp.
Descrizione
Il quotidiano del partito socialista, l’Avanti!, dal 1896 al 1993, è stato al centro della storia e spesso, più che raccontarla, l’ha fatta. I suoi direttori hanno infatti lasciato una impronta decisiva nelle istituzioni: da Bissolati a Mussolini, Gramsci, Nenni, Pertini e Craxi. I suoi collaboratori l’hanno lasciata nella letteratura, nel cinema, nel teatro e nell’arte. La vita dell’Avanti! viene raccontata ricostruendo anche gli ambienti, l’atmosfera e i caratteri. Una vita straordinariamente avventurosa, fatta di arresti, incendi, sparatorie con morti e feriti, ma anche di momenti esaltanti, come la vittoria nei referendum sulla Repubblica e sul divorzio, festeggiati da Nenni e Fortuna, i loro protagonisti, nella redazione che è stata il motore dei referendum stessi. L’autore, anche lui direttore dell’Avanti!, ha frequentato i suoi predecessori della seconda metà del ‘900. Aggiunge perciò alla ricostruzione storica aneddoti, particolari e testimonianze dirette, spesso inedite e destinate a far discutere. Specialmente in occasione del 120° anniversario del partito socialista, che si celebra nel 2012 con dibattiti e iniziative.
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26 settembre 2012

In libreria

Renato Camurri (a cura di)
Max Ascoli Antifascista, intellettuale, giornalista
Milano, Franco Angeli, 2012, 328 pp.

Descrizione
Dopo un lungo silenzio durato quasi trent'anni, la figura di Max Ascoli (Ferrara 1898 - New York 1978) è tornata ad attirare l'interesse degli storici italiani ed americani. Questo volume affronta i molteplici aspetti di una biografia culturale e politica che si è sviluppata tra le due sponde dell'Oceano in anni contrassegnati da avvenimenti tragici. Tre sono le tappe di questo percorso volto a ricomporre in un unico quadro i diversi tasselli di una personalità complessa come quella di Ascoli.  Il periodo italiano, quello in cui giovane studente universitario Ascoli muove i primi passi negli ambienti dell'antifascismo e matura la scelta dell'esilio; quello tra le due guerre, che vede Ascoli in un ruolo di primo piano nel mondo accademico newyorkese, costantemente impegnato nel salvataggio di molti refuggees italiani ed europei; ed infine quello del dopoguerra quando egli si dedica totalmente alla realizzazione della rivista "The Reporter", l'impresa culturale nella quale meglio di ogni altra si rispecchia il profilo di questo "liberale gentiluomo".
*Link all' Indice del libro, disponibile anche in formato e-book.
 
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24 settembre 2012

Cambiare il mondo del giornalismo

Otto storie per un libro. Otto storie di visionari, personaggi che sognano di fare l'impresa: reinventare la notizia. Hanno personalità e motivazioni diverse ma ciò che accomuna queste sette persone è una cosa, il sacro fuoco della verità, la sua ricerca e la sua diffusione.
Attraverso qualità come precisione, partecipazione, intelligenza, trasparenza, cambiamento si legge di persone e fatti che stanno contribuendo a cambiare il mondo del giornalismo.
Da Bill Adair e il suo PolitiFact al "regalo dell'Africa alla Silicon Valley", come ha descritto il software Ushahidi il "New York Times", passando per Stats Monkey: il cervellone che scrive articoli sul baseball parlando un linguaggio molto preciso ma soprattutto umano, e dagli incontri di Hacks/Hackers o del cambio di rotta del "New York Times" e del "Chicago Tribune". Notevole rimane il capitolo di 12 ore passate con Julian Assange, leader carismatico e fondatore di WikiLeaks, tratteggiato in una veste particolare. Commovente la storia di Ory Okolloh con la sua testimonianza dolceamara delle elezioni keniane del 2007, lascia senza fiato la storia di Birgitta Jonsdottir, parlamentare islandese che assembla in unico pacchetto legislativo il meglio dei diritti d'espressione del mondo (l'ha chiamata IMMI – Icelandic Modern Media Initiative). E poi Jacek Utko, l'art designer polacco che ha provato a cambiare il giornale prendendo ispirazione dal Cirque du Soleil, puntando sulla bellezza e la creatività artistica e Michael Van Poppel, ventiduenne olandese che ha ingegnato una mappa interattiva a cui si può mandare un aggiornamento da qualunque parte del mondo tramite sms.
È un libro che parla del valore forte del giornalismo come strumento democratico ma anche del cambiamento e di futuro. Esistono nuove possibilità che si aprono sia per i citizen reporter sia per gli organi tradizionali d'informazione. Non bisogna per forza portare l'informazione dalla carta al digitale, ma lavorare sulla propria specificità e puntare sul canale di distribuzione che si ha.
Il messaggio che passa dagli autori è che non è detto che tutti diventeranno produttori d'informazione così come non è vero che il giornalista e il suo mestiere stanno scomparendo. Il giornalista deve ora capire il valore aggiunto della notizia e offrirla ai lettori, perchè solo così non avrà problemi a trovare uno stipendio per vivere, gridando agli scettici e al mondo intero, come disse Mark Twain, "la notizia della mia morte è stata ampiamente esagerata".
Paolo Paolillo
 
Nicola Bruno – Raffaele Mastrolonardo
La scimmia che vinse il Pulitzer
Milano – Torino, Pearson Italia, 2011, 192 pp.
 

20 settembre 2012

In libreria

Laura Pisano
Scrittori e giornalisti. Istantanee tra letteratura cronaca e storia
Cagliari, Cuec, 2012, 240 pp.
Descrizione
In qual misura scrittori e giornalisti sono riusciti ad affrontare le problematiche del loro e del nostro tempo, i grandi temi universali della cultura e dell’umanità, attraverso la narrazione storica, l’invenzione letteraria, l’informazione giornalistica? È il quesito al quale cerca di trovare risposte l’autrice di questo libro, che parla del racconto dei grandi eventi del Novecento quale si ritrova in Andrea Camilleri, Antonio Gramsci, Irène Némirovsky, Emilio Lussu, Giuseppe Dessì, Joyce Lussu, Albert Camus ed altri ancora: autori che hanno alimentato la loro opera rielaborando eventi vissuti, spunti autobiografici, fatti di cronaca, avvenimenti dell’età contemporanea e raggiunto traguardi esemplari di impegno intellettuale e civile.
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18 settembre 2012

Diplomazia 2.0

La nascita della diplomazia, come la si intende ai giorni nostri, risale al 1815, data in cui prese luogo il Congresso di Vienna, nel quale il servizio diplomatico divenne una vera e propria professione, distinta da quella del politico e assunse valore giuridico con regole e prescrizioni. Ma se si va indietro di qualche anno, già Edmund Burke nel 1796 utilizzò i termini "diplomazia" e "diplomatico" per intendere le procedure costituzionali di due Stati che intrattenevano delle relazioni tra di loro.
Per molti anni, essa è stata ovviamente legata alla vita di Corte e di palazzo e in più occasioni si ricorreva al matrimonio tra membri reali di Stati diversi come strumento della diplomazia internazionale. Con l'evolversi degli Stati, anche le loro relazioni hanno cambiato forma e aspetto cercando di modernizzarsi insieme ad essi, non con qualche difficoltà e ritardo.
L'immagine che si è sempre avuta della diplomazia è quella di una macchina un po' lenta e obsoleta, composta da lunghe cerimonie e convenevoli, infiniti dibattiti e negoziazioni i cui risultati sono sempre sembrati un po' vaghi e distanti dal cittadino comune.
Anche ai giorni nostri, la conoscenza delle attività diplomatiche del proprio Paese, per non parlare di quelli esteri, rimane avvolta in una nuvola di fumo, districabile solo per gli addetti ai lavori. Sicuramente sono stati fatti innumerevoli sforzi per rendere più dinamica questa materia e una parte del merito va indubbiamente alla comparsa sulle scena dei nuovi social media come Twitter, Facebook,Youtube o altri nuovi (e più veloci) mezzi di comunicazione. Il Paese che per primo maggiormente credette nella nuova diplomazia digitale fu l'America che, tramite la voce del Segretario di Stato Hilary Clinton, sottolineò come per gli Stati uniti d'America fosse fondamentale la libertà di espressione e di come, durante le rivolte del 2009 in Iran, Twitter rappresentasse un strumento per la diffusione in tempo reale delle notizie molto importante per tutto il mondo e soprattutto per i giovani.
Girando lo sguardo verso il nostro Continente e in particolar modo all'Italia, non si può affermare, al meno per il momento, che la diplomazia digitale abbia avuto la stessa rapidità di diffusione che ha avuto in altre Nazioni, soprattutto quelle del Nord- Europa, dove già nel 1994 Carl Bildt, l'allora Capo di Governo della Svezia, mandò un'email personale al Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton.
L'Italia recentemente, prima grazie al Ministro degli esteri Franco Frattini e ora al Ministro tecnico Giulio Terzi di Sant' Agata, ha cercato di avviare dei progetti di politica estera anche sul Web. Franco Frattini fu uno dei primi Ministri italiani a crearsi un account su Twitter, ottimo mezzo per comunicare con i cittadini italiani, ma anche stranieri. L'occasione però è stata persa perchè alla fine la gestione dell'account fu affidata, come spesso accade, ad uno staff tecnico che non ha saputo renderlo un mezzo interattivo. Al contrario, probabilmente anche grazie alla sua esperienza maturata all'Ambasciata italiana di Washington, Terzi usa molti più "tweet" (sia in lingua italiana, sia in lingua inglese) del suo predecessore, tanto da avere quasi 15.000 follower. Non male per un ministro tecnico.
Quello che ancora manca alla politica estera (digitale) italiana è una strategia comune, che miri a far conoscere l'Italia non solo agli italiani stessi, ma anche ai cittadini stranieri. Un metodo veloce e soprattutto non tanto costoso è pubblicare video su Youtube non solo in italiano, ma anche in inglese e modernizzare, partendo dalla grafica, le pagine internet delle nostre ambasciate all'estero. Inoltre sarebbe opportuno creare una figura apposita, magari un Sottosegretario agli Affari Esteri, che si occupi nello specifico della public diplomacy, come già avviene in altri paesi Europei ( Francia e Inghilterra) e in America, ovviamente.
Un altro piccolo passo in avanti è stato fatto anche nel contesto dell'Unione Europea, anch'essa istituzione che ha da sempre dei problemi di comunicazione. Uno dei primi nel credere alla potenza dei messaggi istantanei di Twitter fu sicuramente l'ex Premier belga Herman Van Rompuy, che più di una volta, durante riunioni ufficiali, aggiornava i suoi tweet, talvolta anche in modo anche un po' precipitoso, creando dei disguidi formali.  Ad oggi tutte e tre le principali istituzioni europee hanno la loro pagina Facebook, in cui si cerca di mettere al corrente i cittadini europei delle loro iniziative e si cerca di aprire delle discussioni costruttive sui temi più "caldi" dell'Europa, a volte generando veri e propri inferociti dibattiti.
A voler sottolineare l'intento europeo di restare al passo con la propria popolazione, è l'entrata recentissima nel mondo di Twitter del Presidente della Commissione europea, Jose Manuel Barroso.
E' ormai assodato che siamo dentro una vera e propria rivoluzione digitale, che non deve stupire se porta anche ad una rivoluzione dei mezzi di comunicazione, non solo del " cittadino medio" ma anche delle più alte sfere istituzionali. Non sorprenderà più leggere Tweet, più formali, in cui gli stessi Primi Ministri o Presidenti raccontano l'evolversi di un viaggio diplomatico o spiegano direttamente loro una determinata questione internazionale, o Tweet più informali che ci raccontano stralci della loro vita in contesti in cui non siamo abituati a collocarli.
Marta Bisso

 
A. Deruda
Diplomazia digitale. La politica estera e i social media
Milano, Apogeo, 2012, 240 pp.
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17 settembre 2012

Gli archivi di WikiLeaks si aprono a chi vuole vedere

Dossier WikiLeaks. Segreti italiani, scritto dalla giornalista Stefania Maurizi  2011 potrebbe essere definito un romanzo-rivelazione.
Stefania Maurizi, collaboratrice de "ll’Espresso" e "La Repubblica" e autrice del libro è stata scelta come referente italiano nientemeno che da Julian Assange, cofondatore e caporedattore del sito WikiLeaks; individuo tuttora accusato di spionaggio dagli Stati Uniti e rifugiato politico in Ecuador.
Tutto iniziò quando, il 28 novembre 2010 il sito WikiLeaks rese pubblici oltre 251000 documenti diplomatici statunitensi etichettati come segreti o confidenziali. Una mole di file enorme che riempirebbe decine di volumi e tra i quali la giornalista stessa ammette di aver faticato a orientarsi durante le prime settimane di ricerca.
Uno di questi file riguardava l’Italia e riportava i discorsi e gli accordi presi tra coloro che si trovavano (o che ancora si trovano) ai vertici del potere: fatti che riguardano alcuni grandi e vecchi segreti italiani come la strage di Ustica, che ancora oggi aspetta di venire risolto, ma anche fatti meno sanguinosi come la crisi dei rifiuti di Napoli. L’autrice ci guida capitolo dopo capitolo tra i vari misteri e accordi riguardanti l’Italia (e non solo) e lo fa senza alcun richiamo alle teorie complottistiche per le quali non ci vorrebbe nessuna preparazione, ma anzi ponendoci di fronte ai fatti storici, alle testimonianze scomode e secretate per anni, ora tornate alla luce e riportate interamente nell’appendice del volume.
La serietà e la preparazione della giornalista rendono impossibile interrompere la lettura portando il lettore in un mondo che era sconosciuto e impensabile fino a quel momento, quando si relegavano le trame e i complotti internazionali esclusivamente ai film d’azione e ai thriller, non certo alla vita reale. Se fino a questo momento avevamo solo dei vaghi dubbi sulle verità ufficiali raccontate dai mezzi di comunicazioni nazionali, ora ne abbiamo le prove e si possono aprire finalmente gli occhi sperando che questi documenti sveglino l’Italia dal torpore culturale nel quale è caduta.
Dossier WikiLeaks è sicuramente un libro impegnativo che riporta il lettore anche a momenti dolorosi della storia italiana, ma nonostante questo la giornalista è riuscita a trattare l’argomento con disinvoltura e a rendere piacevole e accattivante la lettura grazie a uno stile scorrevole e romanzesco.
Dvina Lionello

Stefania Maurizi
Dossier WikiLeaks. Segreti italiani
Milano, BUR Rizzoli, 2011, 330 pp.

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16 settembre 2012

L'Associazione dei giornalisti del Commonwealth

La situazione dell'informazione nei paesi del Commonwealth, le ex colonie dell'impero britannico, è simile a quella riscontrata in India. Anche in questi paesi è stata necessaria la creazione di un'istituzione che controllasse e tutelasse la libertà di stampa e i diritti dei lavoratori dell'informazione.
La Commonwealth journalists association (CJA) nasce nel 1978 per iniziativa di un gruppo di giornalisti dopo una conferenza del Commonwealth alla Dalhousie University in Nuova Scozia. I giornalisti che lavorano nei paesi del Commonwealth hanno molto in comune anche se lavorano in ambienti diversi.
Nonostante ci sia la crescita di giornali indipendenti ancora troppo spesso i media di questi paesi si trovano in situazioni difficili o per mancanza delle risorse necessarie oppure per la pressione esercitata dai governi, per l'intervento di interessi commerciali o di gruppi violenti. Per questi motivi l'accesso a una formazione specialistica è spesso difficile e i giornalisti non hanno i mezzi per fare fronte comune e discutere dei loro problemi, della situazione internazionale e degli affari del Commonwealth. L'Associazione vuole contribuire a porre rimedio a questa situazione, avvicinando i giornalisti dei paesi interessati. Ha sedi in molti paesi del Commonwealth come: Bangladesh, Gran Bretagna, Canada, Fiji, India, Gambia, Ghana, Kenya, Lesotho, Malaysia, Mauritius, Namibia, Nigeria, Pakistan, Sri Lanka, Tanzania, Tonga, Uganda e Zambia. Gli obiettivi dell'Associazione sono: promuovere l'amicizia e la comprensione tra i giornalisti di tutto il Commonwealth, assistere i giornalisti, supportare il processo democratico, difendere i diritti e il lavoro dei giornalisti del Commonwealth e più in generale la libertà di espressione. L'Associazione persegue i suoi scopi attraverso lo scambio di giornalisti tra i paesi membri, organizzando corsi di formazione, seminari e workshop su temi di particolare rilevanza per il lavoro dei giornalisti, il monitoraggio del lavoro giornalistico, la denuncia delle eventuali violazioni e infine tramite la promozione degli ideali del Commonwealth. Regolarmente viene redatta una rivista o newsletter per rendere noto il lavoro dell'Associazione e i temi che possono interessare tutti gli stati membri. Fanno parte dell'associazione i membri a tutti gli effetti, full member, (giornalisti cittadini di un paese del Commonwealth), membri associati (giornalisti part-time e persone che lavorano in settori strettamente connessi al giornalismo, cittadini di un paese del Commonwealth) e le imprese (organizzazioni all'interno del Commonwealth con scopi e finalità simili a quelle dell'Associazione).
Per capire più da vicino di cosa si occupa l'associazione basta osservare gli argomenti trattati nello spazio news del sito internet. Ad Agosto è stato affrontato il caso della TV censurata alle Maldive. L'episodio riguarda la censura del canale televisivo Raajje, che si è vista letteralmente tagliare i cavi con la conseguente interruzione della copertura nazionale della stazione. In precedenza la TV era stata accusata di rivolgere false accuse contro le forze di sicurezza.
Andando a ritroso nel tempo troviamo l'interessante dichiarazione lasciata dal Presidente della CJA in occasione della giornata mondiale della libertà di stampa, 3 Maggio, in cui si ricorda che la violenza e la censura sono ancora delle minacce per il lavoro dei giornalisti di alcuni paesi come il Pakistan, lo Sri Lanka e alcuni Stati africani membri del Commonwealth. In paesi come: India e Pakistan (valutato tra i paesi più pericolosi al mondo per i giornalisti) è la democrazia stessa a essere in pericolo a causa dei limiti imposti all'operato dei giornalisti. Le armi con cui il CJA compie le sue battaglie sono le parole, accuratamente scelte in difesa del lavoro dei giornalisti di tutto il mondo.
Un momento importante per il CJA è la riunione generale che si svolge a rotazione nei diversi paesi membri. Durante l'ultima conferenza, tenutasi a Malta dal 29 gennaio al 1 febbraio 2012, si è discusso di nuove tecnologie e di come queste influenzano il lavoro del giornalista. Si è parlato di: social media, dei nuovi strumenti del giornalista dal telefono cellulare al tablet, le nuove connessioni esaminando le modalità di interconnessione in grado di far lavorare tutti i giornalisti del Commonwealth.
La conferenza di Malta ha trovato la risposta ai rischi del citizen journalism nella figura del giornalista professionista eticamente addestrato; a ribadire ancora una volta l'importanza di una buona formazione per lo sviluppo di un giornalismo di qualità. Durante la conferenza di Malta non è mancato il riferimento all'attualità politica con le elezioni in India, Bangladesh e Malaysia, discutendo del ruolo che i giornalisti del Commonwealth avrebbero potuto giocare. Altro argomento di stretta attualità in quei giorni era il caso della proposta di secrecy bill del Sud Africa.
In Sud Africa, infatti, il 22 novembre 2011 è stato approvato in parlamento con 229 voti a favore contro 107 il tanto criticato secrecy bill. Chiunque sia trovato in possesso di documenti considerati segreti dallo stato rischia fino a 25 anni di reclusione. La votazione è stata accompagnata da una grande protesta dei giornalisti sudafricani che hanno sfilato vestiti di nero davanti alla sede del governo dell'African National Congress durante quello che è già stato chiamato il "Martedì nero". La legislazione vieta la pubblicazione di qualsiasi documento, anche se di interesse generale, che il governo dichiara segreto.
A Malta si è parlato anche di cambiamento climatico, argomento apparentemente poco calzante con le tematiche della comunicazione, ma che invece è stato trattato in relazione al modo in cui i media possono educare la gente con un'attenta segnalazione dei rischi. Infine si è parlato del caso Murdoch e di cultura dello scandalo nel giornalismo sportivo. Non è mancata poi una riflessione sul futuro del Commonwealth e di un possibile raggruppamento commerciale per i paesi membri.
Scorrendo a ritroso gli indici delle varie news letter possiamo farci un'idea degli argomenti trattati dalla CJA. Dai numeri di Dicembre 2011 a Giugno2012 si parla dei casi di violazione dei diritti nei confronti di giornalisti: dai rapimenti in Sri Lanka, alla preoccupazione per la situazione alle Maldive, l'aggiornamento sulla proposta di legge in Sud Africa, sulla libertà in Bangladesh, della richiesta Leveson in Gran Bretagna, degli attacchi contro i giornalisti in Malesia, alla libera espressione in Uganda e in Gambia.
Sarah Esposito

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15 settembre 2012

Media e giornalismo in India

Soutik Biswas, corrispondente da Delhi della CNN, descrive molto bene la situazione dei mezzi di comunicazione in India. In un articolo pubblicato il 12 Gennaio 2012 sul sito della CNN news spiega che nonostante l'India sia il più grande mercato di quotidiani del mondo, con oltre 100 milioni di copie vendute al giorno, 70.000 giornali e 500 canali satellitari, non c'è, in realtà, una grande libertà di scelta nel campo dell'informazione. Molti, infatti, accusano l'informazione indiana di essere cresciuta a scapito di professionalità, etica e onestà. Secondo Biswas i problemi più grandi che i media indiani devono affrontare sono: la mancanza di una formazione adeguata per i giornalisti e la bassa partecipazione alla costruzione delle notizie delle minoranze etniche. Secondo uno studio del 2006 svolto dal Delhi-based Centre for the Study of Developing Societies non ci sarebbe alcuna rappresentanza dei Dalits, gli appartenenti alla classe più bassa, circa quel 20% della popolazione che vive ai margini della società. Un altro grande problema è la banalizzazione dei contenuti e la concentrazione dei media nelle mani di grandi gruppi societari. Per ovviare a tutto questo ci sarebbe bisogno di maggiore trasparenza, autoregolamentazione e regolamentazione della concorrenza.
La crescita deve confrontarsi continuamente con la libertà di stampa e il diritto all'informazione; ecco perché in India esistono organizzazioni come l' Indian Journalists Union e la Journalists Federation of India.
L'Indian Journalists Union (IJU) è il naturale successore del movimento dei giornalisti professionisti nato a metà Novecento, si è riunito per la sua prima volta a Ranchi dal 27 al 29 dicembre del 1991, anno in cui viene approvata la costituzione dell’organizzazione ed eletti i suoi rappresentanti. IJU è presente in gran parte degli stati dell’unione territoriale dell’India, è composta da più di 1500 membri ed è un'organizzazione democratica con un’unica e ben documentata costituzione. Gli obiettivi principali dell'organizzazione sono la battaglia per la libertà di stampa, la tutela dei giornalisti e la libertà di parola. La speranza è riposta tutta nelle nuove generazioni che dovranno continuare le battaglie della IJU con le stesse ragioni e gli stessi valori. Nella costituzione si fa riferimento sia a obiettivi etici come: lo spirito di cooperazione e comprensione tra i giornalisti, raggiungere e mantenere un elevato standard nella condotta morale e nell'integrità professionale, la lotta continua alla libertà di stampa; senza tralasciare però gli aspetti più materiali della professione come: il miglioramento delle condizioni di lavoro, assistenza legale e sussidi per i membri, la promozione di un accordo salariale su base provinciale o di tutta l'India da parte dell'unione tra i datori di lavoro e i dipendenti. La sede principale si trova a Nuova Delhi è presente in 26 stati e unioni territoriali dell'India ed è affiliata a livello internazionale con la International Federation of Journalists (IFJ) di Bruxelles e con l'International Organisation of Journalists di Praga. La IJU riunisce al suo interno: i giornalisti professionisti i corrispondenti part-time e i freelance, ma sono esclusi i proprietari direttori. Per capire come opera l'Indian Journalists Union possiamo prendere in esame il più recente documento di risoluzione che si trova sul sito internet dell'Unione. Durante la riunione del Comitato esecutivo nazionale dei giornalisti dell'unione indiana, tenutosi ad Ambaji (Gujarat) il 6 e 7 Dicembre del 2007 si parla ancora una volta di diritti fondamentali dei giornalisti. Il Comitato prende posizione contro la lentezza con cui il governo tratta la questione relativa alle commissioni-salario che si dovevano occupare della revisione dello stipendio dei giornalisti professionisti, dei dipendenti dei giornali e delle agenzie d'informazione. Questa lentezza d'azione dimostrerebbe, secondo il comitato, un accordo tra i datori di lavoro e i funzionari del Ministero per vanificare il funzionamento delle commissioni-salario. La risoluzione si conclude con la minaccia di estenuanti battaglie legali nel caso il cui il Ministero non collabori.
Dai contenuti della risoluzione è evidente che l'Unione si batte per contrastare ogni tentativo di violazione dei diritti fondamentali della professione giornalistica. In questo caso, come molto spesso accade nelle risoluzioni presenti sul sito internet, la questione riguarda il salario. Da un giornalista non pagato o sottopagato non si può pretendere che abbia un atteggiamento professionale poiché risulta essere facilmente corruttibile e non sufficientemente libero. Durante la stessa riunione il Comitato si esprime anche sulla situazione in Pakistan condannando fermamente la repressione dei media da parte del regime di Musharraf e esprimendo la piena solidarietà con i giornalisti pakistani che lottano contro tutto e tutti per sostenere la causa della democrazia nel loro paese. L' IJU appoggia il ritiro dell'ordinanza recentemente modificata dal governo pakistano in materia di regolamentazione dei media e il codice di condotta imposto ai mezzi di comunicazione; auspica il ripristino di tutti i canali di comunicazione senza restrizioni in diretta o il divieto di messa in onda di particolari programmi, la fine delle molestie e la vittimizzazione dei singoli media e giornalisti, la revoca del divieto di importare l'antenna parabolica.
La Journalists Federation of India è una federazione di sindacati dei giornalisti fondata nel 2002 per affrontare questioni riguardanti la professione del giornalismo e i problemi della società più in generale. L'organizzazione non ha scopo di lucro, si batte per la libertà di espressione e di parola e per la diplomazia culturale. È indipendente da tutti gli organi politici, ideologici, governativi e religiosi. Si occupa dei diritti dei lavoratori dei media in tutto il mondo: dagli scrittori, editori, giornalisti, corrispondenti, giornalisti, freelance, professionisti delle relazioni pubbliche, fotografi senza tralasciare i lavoratori di: TV, film, stampa digitale e radio. Risponde in maniera concreta ai problemi dei media indiani. Offre la possibilità di approfondimenti grazie all'organizzazione di seminari, ovviando così alla carenza di formazione. Si batte, inoltre, contro la sempre maggiore concentrazione dei media favorendo lo sviluppo di un giornalismo indipendente, di qualità e che serva di sostegno allo sviluppo democratico, sociale ed economico. Per questo ha istituito un fondo internazionale di sicurezza per fornire aiuti umanitari ai giornalisti che ne hanno bisogno. Il suo scopo è quello di promuovere i diritti umani, la democrazia e il pluralismo tramite sindacati liberi e indipendenti di giornalisti. L'JFI si oppone a ogni forma di discriminazione e condanna l'uso dei mezzi di comunicazione come propaganda per diffondere l'intolleranza e il conflitto. Il JFI promuove azioni concrete a livello mondiale per aumentare la sicurezza e la protezione dei giornalisti e dei lavoratori dei media contro qualsiasi violazione. Queste ultime variano dall'assassinio di un giornalista all'intimidazione, dal ridurre al silenzio, alla richiesta di svelare le fonti, dall'incarcerazione, con o senza un regolare processo, alla legge restrittiva che mette il potere di controllare il contenuto editoriale da parte dei censori e dei tribunali della stampa. La Journalists Federation of India  monitora le violazioni della libertà di stampa e sostiene campagne a favore dei giornalisti a maggior rischio, come coloro che lavorano in condizioni di corruzione, povertà o paura. Tutto ciò viene svolto in collaborazione con i sindacati membri di tutto il mondo, e con altre organizzazioni come la IFEX, the International Freedom of Exchange Expression.
Sarah Esposito
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14 settembre 2012

L'informazione locale diventa digitale

In un mondo tutto proteso verso le vicende di terre lontane, quali l’America, ci siamo mai domandati o interessati veramente a ciò che accade dietro l’angolo? E se sì, come siamo venuti a conoscenza dei fatti? Andrea Bettini dedica il suo libro proprio a questo argomento, alla prossimità, sostenendo che la gente sia più interessata a ciò che accade vicino a casa piuttosto che a ciò che accade in politica, anche perché gli avvenimenti della nostra città possono avere una ripercussione più concreta sulla nostra vita.
Negli ultimi vent’anni, sono stati molti i giornali ad accorgersi dell’interesse crescente per la cronaca locale e, facilitati dall’approdo su internet, molti si sono specializzati negli aggiornamenti sempre più ristretti in questo ambito.
Con il passare del tempo, si moltiplicavano le sezioni locali dei quotidiani più importanti a livello nazionale e nascevano moltissime piccole testate on line, le quali però dovevano faticare di più in quanto gli inserzionisti pubblicitari continuavano a privilegiare i media tradizionali.
In questo libro, di facile e piacevole lettura, il giornalista di Tgr Rai, ci illustra l’evoluzione dell’editoria nel web, sempre più seguita dagli utenti grazie anche allo sviluppo dell’iperlocale: questa nuova frontiera tratta la cronaca di aree geografiche molto ristrette, permettendo quindi al pubblico di poter conoscere nel dettaglio i fatti del proprio quartiere. Ovviamente la prima insidia è costituita dal fatto che più ristretta è l’area, più ristretto è il pubblico, di conseguenza spesso si deve chiedere agli utenti stessi di fungere da veri e propri reporter di quartiere e ci si deve rivolgere ai piccoli inserzionisti per garantirsi la pubblicità.
L’autore non manca di sottolineare la valenza sociale che la rete può avere, portando ad esempio il tam tam di messaggi durante l’alluvione in Veneto del 2010; in passato, per conoscere la cronaca del proprio comune o della propria zona, la voce principale era rappresentata dal quotidiano locale, soppiantato ora dalle nuove testate sulla rete, in radio o nelle tv locali.
In una rassegna di tutte le iniziative, italiane e non, approdate con successo al web, Bettini esamina le differenze tra l’on line e le “vecchie” gazzette cartacee, individuando nel primo un’opportunità di rilancio, adatto all’avvio di progetti inediti, alla sperimentazione e alla descrizione del proprio Paese. Le differenze vengono individuate nel medium, nei contenuti e nell’organizzazione, senza tralasciare il fatto che internet permette un aggiornamento in tempo reale, la multimedialità e l’interattività.
Nel libro viene presentata anche la realizzazione di pensate quasi futuristiche, quali la ricerca di notizie ristretta persino ad un indirizzo, o quella appositamente studiata per la telefonia mobile (realizzate da EveryBlock.com), oppure l’informazione nomadica, sensibile agli spostamenti degli interessati grazie a dispositivi di nuova generazione.
Tenendo i piedi per terra, l’autore ci elenca anche i problemi legati alle gazzette digitali: primo fra tutti il problema economico, rappresentato dal fatto che alcuni siti dei quotidiani, dovendo produrre profitti e non chiudere in perdita, sono stati resi a pagamento; ma il lettore, abituato a leggere gratis il quotidiano on line, spesso non accetta di pagare per lo stesso servizio: per questo capita sovente che le suddette testate perdano lettori.
Per raccogliere fondi, quindi, la soluzione migliore è stata individuata nel richiedere un pagamento per contenuti premium, come archivi o servizi extra.
Per concludere, lasciando la parola all’autore stesso, si può riassumere il tutto dicendo che “la rete permette di parlare del nostro mondo con un livello di dettaglio, una ricchezza di strumenti e una tempestività senza precedenti. La cronaca locale è una delle frontiere del giornalismo online. In molte località i siti che se ne occupano sono già affermati, in altre stanno crescendo. Di certo, grazie al web, nei prossimi anni il panorama dell'informazione potrà contare su una folta schiera di nuove voci, giovani e intraprendenti. È una buona notizia per i giornalisti in cerca di opportunità di lavoro e soprattutto per i lettori ”.
Alice Merlo

Andrea Bettini
Gazzette digitali. L’informazione locale sulla rete globale
Firenze,  Edi.it, 2011, 156 pp.

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13 settembre 2012

I cavalli dell'erba e del fango

L'8 Ottobre 2010 è una data che non può sfuggire ai più attenti osservatori occidentali. E' il giorno dell'assegnazione del Premio Nobel della pace al dissidente cinese Liu Xiaobo, da quel momento simbolo mondiale della lotta per i diritti umani e la libertà di stampa nella Repubblica popolare. Questo evento ci ricorda infatti che nel Paese più popoloso del mondo vige una afissiante cappa repressiva che ostacola ogni libera espressione del pensiero impedendo in particolar modo un giornalismo dinamico e obiettivo. Ma è davvero così? Riesce veramente il Partito Comunista Cinese a tenere in pugno con censura e propaganda tutto il sistema dei mass media? Che ruolo hanno invece i new media, con in testa i social network, in questa realtà? E ancora, davvero non esiste un altro mondo possibile per i giornalisti cinesi che non sia quello di abbandonare il proprio o di restarci nella vesti di notaio del Principe? Sono solo alcune delle domande a cui cerca di rispondere la brillante Emma Lupano, prima giornalista italiana a essere approdata nella redazione di un quotidiano cinese, il Quotidiano del Popolo di Pechino, organo del PCC. Attraverso un percorso ben documentato e una scrittura semplice e colloquiale l'autrice ci racconta, a partire dalla sua strettissima esperienza personale e senza tener conto di stereotipi e pregiudizi occidentali, le dinamiche che con la fine della Rivoluzione culturale maoista e l'inizio del percorso riformista di Deng Xiaoping hanno portato la stampa e le TV da grigie e monolitiche “bocche e lingue” del Partito a strumenti più dinamici e flessibili dove è possibile mettere in atto una vera partita a scacchi con il governo sul campo dell'informazione. Ciò ci spiega Emma Lupano è il frutto della commercializzazione e delle nuove sfide aperte dalla globalizzazione. Il governo sa infatti che per attirare inserzionisti pubblicitari il sistema massmediatico deve de-ideologizzarsi, passare dal dominio delle hard news a quello delle soft news per accattivarsi il più grande bacino di audience che esiste al mondo e poter sfidare i competitors internazionali. Ciò ha permesso la nascita di giornali commerciali come The Beijing News o Southern Weekly che hanno approfittato del venir meno della morsa del partito per mettere in atto un giornalismo coraggioso fatto di inchieste e commenti che nel limite del possibile hanno portato alla luce casi di corruzione, scandali e denunce di malgoverno. Anche l'apertura al mercato della rete televisiva di stato CCTV e il moltiplicarsi di canali locali e digitali hanno permesso un flusso di notizie che solo trentanni fa nella Cina maoista era impensabile. Poi c'è il mondo del web con i blog e i microblog, i gionalisti free lance come Lian Yue e Han Han, che grazie alla maggiore libertà che può godere la rete hanno saputo aprire notevoli margini di partecipazione e impegno per la società cinese. Le armi utilizzate per espugnare la Grande Muraglia dei poliziotti del web sono per la Lupano la creatività, che permette per esempio anche con una semplice filastrocca giocata con le assonanze a costruire delle dure critiche dell'establishment e la tempestività nel far circolare le notizie prima del Dipartimento di propaganda, che rende possibile a molta gente di venire a conoscenza dei fatti prima che siano insabbiati. Dunque un panorama molto più vivo, complesso e multiforme di quello che ci raccontano i nostri media fatto di contrapposizione tra dissidenti all'estero e giornalisti asserviti all'interno. In realtà c'è tutto un mondo di coraggiosi giornalisti che ogni giorno resiste a apre squarci di verità restando con grande responsabilità al proprio posto. La prefazione di Marco Del Corona e il saggio finale di Alessandra C. Lavagnino rafforzano l'interrogativo finale dell'autrice: prima di giudicare altre diverse e complesse realtà non è meglio prima esaminare la propria? Insomma chi non ha peccato scagli la prima pietra. E' la prima cosa che viene in mente sfogliando le pagine di questo ottimo libro. Assolutamente da leggere.
Salvatore Gaglio

Emma Lupano, Marco Del Corona, Alessandra C. Lavagnino
Ho servito il popolo cinese. Media e potere nella Cina di oggi
Milano, Brioschi, 2012, 174 pp.
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12 settembre 2012

In libreria

Peter Forsskål
Pensieri sulla libertà civile
a cura di Elisa Bianco
Macerata, Liberilibri, 2012, pp.111.
Descrizione
Nell’anno 1759 il ventisettenne Peter Forsskål pubblica a Stoccolma Pensieri sulla libertà civile. Un pamphlet che, nella Svezia ancien régime di Adolfo Federico, doveva apparire sedizioso perché contestava la sacralità dei sovrani, i privilegi di classe, ed esaltava la libertà di pensiero e di espressione. Il libello, tirato in 500 copie, subì i fulmini dell’Autorità, che ne ordinò il sequestro. E toccò proprio al grande Linneo, di cui Forsskål era discepolo, l’ingrato compito di recuperare il corpo del reato. Impresa che riuscì solo in minima parte poiché l’autore, con mossa tempestiva, aveva provveduto a ritirare tutti gli esemplari dallo stampatore. E poiché, come sappiamo, prima o poi le idee agiscono sulla realtà politica, sociale e giuridica dei popoli, a distanza di soltanto sette anni, nel 1766, anche grazie a questo coraggioso scritto, la Svezia, prima fra le nazioni d’Europa, ebbe la sua legge sulla libertà di stampa. Legge che visse effimera vita ma che rappresentò una miccia d’innesco per future esplosive conquiste.
Peter Forsskål (Helsinki 1732-Yemen 1763) Nato in Finlandia, allora dominio svedese, ingegno precocissimo, s’iscrive a dieci anni all’Università di Uppsala. Studia teologia e lingue orientali, nonché scienze naturali con Linneo. Frequenta poi l’Università di Gottinga dove approfondisce la filosofia, l’economia, la botanica e l’agronomia. Il suo indiscusso valore intellettuale non gli valse la cattedra universitaria a causa delle sue idee innovatrici e anche del carattere ispido e intollerante. Linneo, volendo onorare il discepolo con l’assegnare il suo nome a una pianta, scelse un’ortica (Forskålea tenacissima)! Autorevole rappresentante, insieme a Anders Chydenius, dell’Illuminismo scandinavo e intrepido sostenitore dei diritti dell’individuo, della libertà di parola e di stampa, concluse la sua intensa, breve vita in Arabia Felix (oggi Yemen) mentre partecipava come esperto di botanica a una spedizione scientifica finanziata dal re di Danimarca.

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11 settembre 2012

In libreria

Luciano Floridi
La rivoluzione dell’informazione
Torino, Codice edizioni, 2012, 184 pp.
Descrizione
La cultura delle società occidentali si è via via trasformata, nell’ultimo mezzo secolo, da materiale a immateriale. Oggi viviamo e lavoriamo letteralmente circondati da informazioni: parole scritte e pronunciate, media di ogni tipo, database più o meno sterminati, e infine internet, che sembra racchiudere in sé il concetto di informazione infinita e sempre reperibile. Il filosofo Luciano Floridi sostiene che non si è trattato solo di un cambio di paradigma ma di una quarta rivoluzione, analoga a quelle alimentate dal pensiero di Copernico, Darwin e Freud. La rivoluzione dell’informazione oggi in corso sta già offrendo una nuova, profonda comprensione dell’uomo, concepito come essere sempre connesso e costituito da informazioni, e dell’ambiente stesso in cui ci muoviamo, un ecosistema vitale e sociale che supera la divisione tra reale (offline) e virtuale (online).


*link all'Indice e ad un estratto del libro.
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