Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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29 dicembre 2019

In libreria

Robert Darnton
Un tour de France letterario. 
Il mondo dei libri alla vigilia della Rivoluzione francese
Carocci, Roma, 2019, pp. 376.
Descrizione
Contrabbando, edizioni pirata, concorrenza sleale, perenni difficoltà finanziarie, censura, interferenze del governo... per le case editrici e i librai la fine dell’Ancien Régime fu un periodo burrascoso e rappresentò il tramonto di un mondo ricco e spietato, che l’autore ricostruisce attraverso il giro d’affari di un commesso viaggiatore per la Francia e la corrispondenza dei suoi clienti con la casa editrice svizzera STN, i cui preziosi archivi sono miracolosamente sopravvissuti fino ai giorni nostri.

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19 dicembre 2019

In libreria

Alberto Riccadonna
"fffortissimo"
Edizioni Accademia Perosi, Biella, 2019, pp. 302.
Descrizione
Tre f sul pentagramma indicano “fortissimo”, eseguire con il massimo sforzo e quattro “elementi” vitali: testa, cuore, muscoli, polmoni. Vissute al massimo sono le vite dei compositori Malipiero, Petrassi, Boulez, Berio, Nono, Stockausen, Penderecki, Bussotti, Corghi, Henze, Rihm, Kurtag, Donatoni. Dei direttori Claudio Abbado, Riccardo Muti, Giuseppe Sinopoli, dei maestri Bernstein, Giulini e Gavazzeni dai quali hanno afferrato il testimone, dei loro colleghi Mehta, Maazel, Ozawa, Prêtre. Di solisti come Rostropovič, Ughi e Brunello, di registi come Zeffirelli e Ronconi, di scenografi come Emanuele Luzzati. Di artisti della musica popolari come Paolo Conte, Stefano Bollani, Ludovico Einaudi, Nicola Piovani. Interrogati in profondità, rivelano atmosfere, cultura, idee d’una stagione tra le più intense e innovative nella storia della musica.

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18 dicembre 2019

Fake news: una guerra non convenzionale

Le fake news sono solo un modo diverso di nominare i processi di disinformazione e manipolazione, da sempre presenti nell’agone della politica?
Questo è il primo quesito che compare nell’agile libello di Giuseppe Riva Fake News, edito da Il Mulino. Per affrontare in maniera completa il tema, l’autore, che è professore ordinario di Psicologia della comunicazione nell’Università Cattolica di Milano, ricorre a tutti gli strumenti interpretativi delle scienze della comunicazione, compresa la “scienza delle reti” e una nuova area della psicologia (la “ciberpsicologia”) che ha per obiettivo proprio lo studio dei processi di cambiamento generati dall’interazione dell’uomo con i nuovi media comunicativi, social media in primis.
Per Riva, il tema delle fake news, divenuto molto popolare solo dopo le elezioni americane che hanno visto trionfare Trump, è fenomeno del tutto nuovo rispetto ad antichissimi esempi di disinformazione (le prime tracce risalgono addirittura a Sparta) e rispetto all’uso del termine che si è fatto in epoca moderna (verso la fine del XIX secolo) per indicare “storie inventate, di solito in ambito politico, utilizzate per danneggiare una persona o una istituzione”.
Il libro affronta quindi, in maniera asciutta ma serrata, un’analisi dei meccanismi “tecnologici e psicosociali” che hanno permesso la nascita e la diffusione delle fake news per come oggi le conosciamo, per concludere con alcuni ipotesi e proposte per difenderci dalla loro diffusione.
Naturalmente è giusto lasciare al lettore il gusto della scoperta in autonomia delle analisi e delle ricette che il Professor Riva svolge nelle sue argomentazioni, scritte peraltro in maniera approfondita ma semplice e fruibile.
Alcuni temi degni di nota, tuttavia, vanno evidenziati. Riva infatti coglie il carattere centrale, per il dibattito pubblico contemporaneo, del tema delle fake news e non riduce quindi la sua analisi a mera trattazione “scientifica” di un argomento qualunque: è una forma di “guerra non convenzionale”, dice.
Le differenze con la semplice disinformazione dell’età moderna sono i numeri impressionanti di persone coinvolgibili attraverso i sociali media e la velocità di trasmissione. La fake news inoltre sfugge alla classica dinamica verticale presente tra chi emette il messaggio e chi lo riceve: ogni persona può appropriarsi volontariamente o involontariamente di una fake news e condividerla nella propria rete di relazioni social, diventando protagonista della sua diffusione.
Un libro davvero prezioso che affronta i temi più caldi della comunicazione, del delicato equilibrio che compone lo spazio dell’opinione pubblica e, in ultima istanza quindi, delle democrazie liberali per come le abbiamo conosciute sinora.
Sono presenti i temi “caldi” del dibattito, da Cambridge Analytica a Facebook, da Uber ai social influencer, dai Big data ad Airbnb, da Putin a Trump.
Insomma, un libro davvero utile per districarsi in uno dei nodi centrali della contemporaneità. Quali le soluzioni possibili? Riva ne propone alcune. Quanto credibili ed efficaci, lo scoprirà il lettore.
Massimiliano Morettini

Giuseppe Riva 
Fake News. Vivere e sopravvivere in un mondo di post-verità
Il Mulino, Bologna, 2018.

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15 dicembre 2019

In libreria

Pierfranco Pellizzetti. 
La fine delle buone maniere
Aragno editore, Torino, 2019, pp. 340.
Descrizione
Trascorrere la propria esistenza in un’età decadente, nella spazio materiale della città e in quello virtuale del ricordo. Mentre la quotidianità affila sui nervi un rasoio.Il racconto a matrioska, che emerge attraverso alcune analogie e una metafora.Incastonate tra le storie del presente troviamo, latamente analoghe all’esperienza del protagonista (sorta di metempsicosi in cui non trasmigrano le anime bensì le biografie), vicende di personaggi dell’antichità che contemplarono con inquietudine e sconcerto la caduta della propria urbe-mondo: i gallo-romani Ausonio e Rutilio Namaziano, il bizantino Paolo detto il Silenziario. Negli altri quattordici capitoli appare la Genova aristocratica e familistica, riflesso labirintico della caduta di una civiltà borghese, descritta nei suoi riti e nelle sue contraddizioni. Capitale delle Partecipazioni Statali, nella lunga traiettoria dell’impresa pubblica, a fronte del generale declino italiano; sia dell’antico triangolo industriale che della Terza Italia dei fuochi fatui distrettuali.

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13 dicembre 2019

Lo “scoop”: declino del giornalismo moderno

Nel momento in cui si vocifera lo scoppio imminente di una guerra civile nell’immaginaria Ismaelia, tutti i giornali del mondo inviano i propri collaboratori più bravi per ricevere notizie dal fronte: il prescelto del The Beast è William Boot, celebre e stimato scrittore. Tuttavia, a causa di un’omonimia, ad andare nel lontano paese dell’Africa tropicale è un altro William Boot, giornalista amatoriale della campagna inglese, che di malavoglia accetta l’incarico. In realtà tutto a Ismaelia appare tranquillo e non sembrano esserci premesse di una guerra, così che Boot, inesperto, insicuro e impacciato trascorre le sue giornate a dormire e a corteggiare la moglie di un geologo in missione, mentre i suoi colleghi da tutto il mondo si affannano nel cercare notizie. Eppure, è proprio William Boot l’unico che, per puro caso, riesce a scoprire un tentativo di colpo di stato, in virtù del quale diventa il giornalista inglese più stimato e rinomato.
Il titolo originale del libro è Scoop: a Novel about Journalists, che meglio rappresenta della traduzione in italiano il concetto fondativo del romanzo: la critica pungente di Evelyn Waugh al giornalismo, come sistema che mira alla corsa per la pubblicazione in esclusiva di notizie, non importa se attendibili o meno, a svantaggio dell’Informazione. Infatti, i giornalisti, a discapito dell’immaginario comune, vengono ritratti come semplici impiegati, annoiati e stanchi del proprio lavoro, il quale consiste nell’inseguire fatti e novità non tanto per il piacere del “far sapere”, quanto invece perché obbligati a contrastare la concorrenza. Gli inviati a Ismaelia, continuamente sollecitati dalle redazioni preoccupate soltanto di avere informazioni in esclusiva, nel momento “libero” della giornata in cui non dormono, fumano, giocano a carte o sperperano denaro, si adoperano a cercare notizie a ogni costo, persino inventandole, quando necessario.
“Sono quelle cose che puoi fare una volta o due in caso di vera emergenza, ma non conviene. I giornali non stampano smentite, è ovvio. Diminuisce la fiducia del pubblico nella stampa. E poi, si dà l’impressione di non saper fare bene il proprio mestiere. Sarebbe troppo facile se ogni volta che uno ha una notizia in esclusiva, il resto del branco la smentisse. E devo riconoscere che quella di Shumble è stata un’ottima idea...[…] Avrei dovuto pensarci io stesso, se non fossi stato così irritato.”
La “vera emergenza” di cui parla un collega di Boot, in questo caso, non è Informare l’opinione pubblica, bensì inviare necessariamente notizie, per non perdere l’incarico. Ed è proprio un “giornalista” impacciato, maldestro e incompetente come William Boot, a cui nulla importa di ciò che accade oltre il mondo idilliaco della campagna, a diventare famoso, solo perché scopre lo Scoop.
Evelyn Waugh (1903-1966) riesce a smascherare le assurdità del giornalismo attraverso uno stile accattivante, elegante e raffinato, denso di umorismo e satira: la critica è allo stesso tempo evidente e celata, grazie al modo in cui i giornalisti, descritti in atteggiamenti decisamente grotteschi, rappresentano il paradossale mondo dell’Informazione. Anche la traduzione di Francesco Saba merita un apprezzamento, in quanto restituisce da una parte l’umorismo tipico dell’autore e dall’altra, lo stile scorrevole proprio della lingua inglese.
L’inviato speciale, pubblicato nel 1938 ma ancora oggi di estrema attualità, è il romanzo che tutti i futuri giornalisti dovrebbero leggere, da un lato per ribellarsi al sistema che sollecita a inventare la realtà quando non la si può narrare, dall’altro per restituire al giornalismo l’intento con cui è nato: Informare. D’altro canto solo uno dei maggiori scrittori e giornalisti come Evelyn Waugh avrebbe potuto descrivere in modo così brillante la decadenza del giornalismo moderno.
Emma Sentini


Evelyn Waugh 
L’inviato speciale 
Guanda, Parma, 2004 
(trad. it. Francesco Saba Sardi,ed. orig. Scoop: a Novel about Journalists, Chapman & Hall, London 1938).

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11 dicembre 2019

Come la politica si è ripresa la RAI, che non ha mai perso

Il libro Roma non perdona. Come la politica si è ripresa la RAI è stato pubblicato da Feltrinelli nel marzo 2019. L’autore,Carlo Verdelli, milanese 62 anni, ha una lunga carriera nel mondo della carta stampato, iniziata come collaboratore di “La Repubblica” e proseguita in Arnaldo Mondadori, poi come Direttore de” La Sette “ e Vicedirettore de “Il Corriere della Sera” per concludere la prima parte della sua carriera come Direttore de “ La Gazzetta dello Sport”, dove ha stabilito il record di copie per un quotidiano italiano, 2,3 milioni, all’indomani della vittoria italiana ai Campionati Mondiali di calcio del 2006. Nel novembre del 2015 assume l’incarico di Direttore Editoriale per l’offerta formativa alle dipendenze del CEO e Direttore Generale della RAI, Antonio Campo Dall’Orto, dimettendosi poi nel gennaio del 2017. Da febbraio 2019 è Direttore di “La Repubblica” ; nel 2014 ha scritto per Garzanti il libro I sogni belli non si scordano mai.
Nel libro il racconto, lungo poco più di un anno, del percorso all’interno dello stato di arretratezza di un’Azienda che ha dimenticato, o forse meglio non ha affrontato l’esistenza di Internet e dei cosiddetti social (i siti Rai viaggiano intorno ai 230.000 utenti contro i 2.300.00 utenti di La Repubblica) nonostante che “ I tempi non cambiano, sono già cambiati. L’informazione RAI no” e di sprechi, favoritismi, impossibilità del cambiamento nei rapporti con i giornalisti raccolti attorno all’USIGRAI, e intromissioni della politica per il tramite sia della Vigilanza Parlamentare che dei componenti del Consiglio di Amministrazione presieduto dalla giornalista Monica Maggioni.
Nella prima parte l’autore elenca alcune delle pressioni, dei condizionamenti politici e degli “assurdi economici”, dell’apparato RAI: le sedi regionali sono 24, più due distaccate, quando le regioni italiane 20, mentre in Gran Bretagna e Francia le sedi sono rispettivamente 15 e 13, la rete Rai News che sotto la direzione della futura Presidente Monica Maggioni ha raddoppiato gli organici ma non gli ascolti ed anche della “nuova politica” che non riesce a non interferire nella gestione RAI, Di Maio: “ la più grande sfida è mettere le mani sulla Rai”.
Niente di nuovo invero, niente che non sapessimo già, a parte nuovi piccoli dettagli e singoli casi: da sempre la RAI è stata per tutti i partiti e tutti i governi, fin dalla sua nascita, un torta da spartirsi, come lo stesso Verdelli scrive: “ Chi comanda li dentro è telecomandato da chi maneggia a Roma, e giudicato non in base ai risultati ma ai gradienti di fedeltà” o, come sempre l’autore riporta, il giudizio, altrettanto negativo, di Michele Serra su “La Repubblica”: ” ….. non si nominino più direttori generali o direttori di rete, se troppo lontani dalla politica vengono cacciati; viceversa sono solo scaldasedie che non decidono niente”.
Meraviglia come un uomo e giornalista esperto “ si meravigli” che, stante così le cose, ci sia una levata di scudi contro il suo Piano di ammodernamento dell’Informazione; come poteva essere diverso?
Il suo Piano, buono o cattivo che fosse stato, se messo in atto, avrebbe scombinato gli equilibri interni e quelli politici e questo nessuno poteva permetterselo e permetterglielo: il Piano viene bocciato da una maggioranza così vasta che non c’è stato neanche bisogno di metterlo ai voti, il Consigliere Diaconale “ va profondamente revisionato”, il Consigliere Siddi “ sono negativo su tutto”, il Consigliere Messa “ sono d’accordo solo sull’apertura in tempi rapidi di una sede a Washington” ed infine la Presidente Maggioni riportando il suo giudizio durante un Consiglio di Amministrazione” elencando i punti del Piano li ha ritenuti tutti parimenti inadatti al futuro prossimo dell’informazione del servizio pubblico”.
Era quindi inevitabile che Verdelli, non supportato da forze politiche “amiche” non potesse che dimettersi o essere rimosso. C’è da chiedersi se, per arrivare a queste ovvie conclusioni c’era bisogno di scrivere un nuovo libro sull’argomento, libro che nella seconda parte riporta un lungo elenco di giudizi negativi dell’Autore su tutto e su tutti, magari giudizi anche giustificati ma sicuramente “ovvi” stante la situazione di sempre alla RAI.
Contro Tutto: “ temo siano troppi e troppo organizzati: con il nostro (suo e del suo gruppo di lavoro)modo di lavorare, in cui pensiamo a fare bene per chi paga il canone, saremo sempre più vulnerabili a lupi e sciacalli” e “ …. non è più rinviabile una modifica strutturale dell’offerta informativa, meno la RAI cambia e più incerto sarà ilo suo futuro” e contro TUTTI, riportando frasi o giudizi a lui sfavorevoli: Fico, Presidente prima della Vigilanza e poi della Camera,” Campo dall’Orto sta facendo il suo lavoro, ma il punto oscuro è la struttura che fa capo a Verdelli”, Gasparri, sempre appassionato ai problemi delle televisioni, “ smantellare la dannosa struttura di Verdelli e company”, Maggioni “ avere un bagno privato al settimo piano ( della sede Rai di via Mazzini) è potere. Condividerlo logora”, ed ancora, anche sul futuro presidente RAI “ prima di lasciare la Presidenza nelle mani capaci o rapaci di Marcello Foa”, per finire con Renzi “ mai visto un essere umano cos’ felice di essere sé stesso”.
Quindi un libro che si legge bene e facilmente ma di nessuna utilità, del tutto superfluo, salvo ultime novità in casa RAI che però replicano, in chiave moderna, quelle antiche, che racconta la storia di una breve esperienza che è finita come era ovvio finisse, come ovvie sono i dati e le soluzioni, cosi come del tutto ovvie le ultime amare considerazioni di un uomo deluso e ferito da un’esperienza che non avrebbe dovuto provare. Le ultime pagine sono rivolte al Consiglio di Amministrazione “ Voi potete battere tutto e tutti, ma non il futuro”, ed al sistema politico: “ Partiti, lobby, pidocchi e pulci hanno tutto da guadagnare da una Rai inginocchiata, pronta a qualsiasi compromesso pur di garantire la permanenza dello status quo”.
Ma se è così, come in effetti è: perché questa scelta professionale e soprattutto perché questo libro?
Roberto Casini

Carlo Verdelli
Roma non perdona. Come la politica si è ripresa la RAI
Feltrinelli, Milano, 2019.


10 dicembre 2019

In libreria

Cailin O'Connor - James Owen Weatherall
L'era della disinformazione. Come si diffondono le false credenze
FrancoAngeli, Milano, 2019, pp. 280.
Descrizione
Questo libro è prezioso per capire come le notizie false e la sfiducia negli esperti si originano e si diffondono nella nostra società. Semplici modelli che descrivono il pensiero umano interagente e la comunicazione sono usati in modo intelligente, sottolineando sempre i loro limiti. E, cosa molto significativa, la responsabilità diretta degli scienziati è descritta e analizzata criticamente con molti esempi. Un libro importante per orientarci in questa società complessa e fluida e difenderci da ogni forma di propaganda. Carlo Enrico Bottani, docente di Fisica sperimentale della materia, Politecnico di Milano, autore de ll mestiere della scienza
Indice
Introduzione / L'agnello vegetale della Tartaria / Che cos'è la verità? / Polarizzazione e conformismo / L'evangelizzazione dei popoli / La rete sociale / Bibliografia.

09 dicembre 2019

La realtà filtrata


Fabio Martini, nato a Roma, è autore di saggi sul legame tra politica e informazione e inviato del quotidiano "La Stampa". Il suo ultimo volume La Fabbrica delle verità è una panoramica su quasi un secolo di storia. Ci mostra come i politici, a partire da Mussolini fino a Grillo, hanno sfruttato i diversi media a loro vantaggio: per ottenere e mantenere consenso e più in generale per fare propaganda. Nel testo si ripercorrono avvenimenti storici, noti e meno noti, tutti da un punto di vista “inedito”. 
Martini, infatti, cerca e riesce a farci vedere come la politica presenta (o non presenta affatto) determinate realtà tramite i diversi media, fin dagli anni ’20. Se durante il ventennio fascista Mussolini si avvarrà di censura pressoché totale, veline e cinegiornali; la Prima Repubblica della DC cercherà di delegittimare il cinema neorealista troppo vicino, nelle sue rappresentazioni, alla realtà. E una volta acquisito il monopolio della Rai, applicherà alla programmazione quell’“imperativo categorico del «va tutto bene»”, narcotizzandola. A partire dalla Seconda Repubblica assistiamo all’esodo dei politici verso i talk show, che culminerà nella figura di “un campione della popolarità, del successo, della notorietà: Matteo Renzi”. Infine, in un momento in cui le attenzioni sono tutte rivolte alla televisione, arriva l’intuizione di Beppe Grillo: Internet.
È un testo che sicuramente si presta a suscitare un effetto diverso tra le diverse generazioni: tra chi ha vissuto le vicende citate dagli anni ’50 alla fine degli anni ’90 e chi, negli anni ’90, è nato. Ecco dunque che il saggio di Martini è utile sia per rivedere le dinamiche di fatti già noti sotto una differente luce, sia per avere un chiaro dipinto di che cosa è stato il periodo tra il secondo dopoguerra fino alla contemporaneità, da parte di chi, di quel periodo, ha solo nozioni sparse. 
Lo stile del testo è piacevole, scorrevole e non appare mai ostico nella lettura. Il fatto che soprattutto a partire dalla narrazione della Prima Repubblica l’autore inserisca numerosi dati, non rende il libro particolarmente pesante ma, anzi, aiuta il lettore ad avere contezza delle dimensioni di determinati fenomeni. 
Considerando che il libro è stato pubblicato nel 2017 e la narrazione termina nel 2016, a colpire particolarmente è il modo in cui Martini tratta di figure ed avvenimenti degli ultimissimi anni, fornendoci un punto di vista estremamente lucido e non intaccato dalla vicinanza temporale. Inutile dire che si tratta di un testo importante. Infatti, fondamentale per capire quali espedienti la politica usa per comunicare con noi oggi, è innanzitutto sapere che lo ha sempre fatto ma sapere anche con quali modalità.
Marta Casagrande

Fabio Martini
La fabbrica delle verità. L'Italia immaginaria della propaganda da Mussolini a Grillo
Marsilio Editori, Venezia, 2017.



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05 dicembre 2019

L'algoritmo dell'odio

"[...] I social media usano algoritmi per attivare emozioni come la rabbia e la paura. Che portano a restare connessi e attivi. Così molti hanno guadagnato con le fake news, molti estremisti isolati sono diventati influenti sul web".
Maria Laura Rodotà 


*L'odio paga, se è nel web,  La Repubblica 4.12.2019 (recensione del saggio di Andrew Marantz, Antisocial, New York. 2019).
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03 dicembre 2019

In libreria

Romain H. Rainero
La lettura del soldato 
Propaganda e realtà nei Giornali di trincea 1915-1918
Franco Angeli, Milano, 2019, pp. 236.
Descrizione
Le celebrazioni del centenario della Grande Guerra hanno registrato una vera valanga di pubblicazioni, ma alcune fonti preziose per conoscere meglio le condizioni umane (e spesso disumane) nelle quali i militari italiani furono chiamati a combattere, non hanno trovato lo spazio che avrebbero meritato. In genere hanno avuto la meglio i libri di storia militare, le biografie dei grandi protagonisti e i racconti delle singole battaglie. Non è mancato, tuttavia, un certo interesse per una storia "nuova", quella di coloro che la guerra aveva posto in prima linea, cioè i soldati e i loro scritti, fino ad ora poco considerati. Alla ricerca delle vere voci dei combattenti in trincea, si è talvolta fatto ricorso a quelle pubblicazioni, i Giornali di trincea, che secondo la versione unanimemente accolta erano scritti "spontanei" dei soldati, che narravano la loro vita in prima linea tra fucilazioni, eroismi e morti. Si trattava, in realtà, di una versione patinata della situazione. Una rilettura attenta di questi scritti ha rivelato un contesto del tutto nuovo: i Giornali di trincea non erano né liberi né spontanei, bensì realizzati occultamente dagli uffici governativi militari di propaganda. La vita in trincea era assai diversa da quella descritta nelle pagine redatte e stampate in tipografie di lontane retrovie, con l'intento di trasmettere ai combattenti l'idea di una guerra legittima, santa e patriottica. L'ipotesi di ricerca di questo volume è quella di dare una versione cruda ma vera, basata su altra documentazione, di una guerra che il papa Benedetto non aveva esitato a definire "un'inutile strage".

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02 dicembre 2019

Priorità alla verità

"Se diamo la priorità alla verità rispetto alle falsità, alla tolleranza e non al pregiudizio, all’empatia e non all’indifferenza e agli esperti e non agli ignoranti allora forse, e dico forse, potremo fermare la più grande macchina di propaganda della storia. Potremo salvare la democrazia, potremo avere ancora uno spazio per la libertà di espressione e per la libertà di parola."
Sacha Baron Cohen

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