Nel momento in cui si vocifera lo scoppio imminente di una guerra civile nell’immaginaria Ismaelia, tutti i giornali del mondo inviano i propri collaboratori più bravi per ricevere notizie dal fronte: il prescelto del The Beast è William Boot, celebre e stimato scrittore. Tuttavia, a causa di un’omonimia, ad andare nel lontano paese dell’Africa tropicale è un altro William Boot, giornalista amatoriale della campagna inglese, che di malavoglia accetta l’incarico. In realtà tutto a Ismaelia appare tranquillo e non sembrano esserci premesse di una guerra, così che Boot, inesperto, insicuro e impacciato trascorre le sue giornate a dormire e a corteggiare la moglie di un geologo in missione, mentre i suoi colleghi da tutto il mondo si affannano nel cercare notizie. Eppure, è proprio William Boot l’unico che, per puro caso, riesce a scoprire un tentativo di colpo di stato, in virtù del quale diventa il giornalista inglese più stimato e rinomato.
Il titolo originale del libro è Scoop: a Novel about Journalists, che meglio rappresenta della traduzione in italiano il concetto fondativo del romanzo: la critica pungente di Evelyn Waugh al giornalismo, come sistema che mira alla corsa per la pubblicazione in esclusiva di notizie, non importa se attendibili o meno, a svantaggio dell’Informazione. Infatti, i giornalisti, a discapito dell’immaginario comune, vengono ritratti come semplici impiegati, annoiati e stanchi del proprio lavoro, il quale consiste nell’inseguire fatti e novità non tanto per il piacere del “far sapere”, quanto invece perché obbligati a contrastare la concorrenza. Gli inviati a Ismaelia, continuamente sollecitati dalle redazioni preoccupate soltanto di avere informazioni in esclusiva, nel momento “libero” della giornata in cui non dormono, fumano, giocano a carte o sperperano denaro, si adoperano a cercare notizie a ogni costo, persino inventandole, quando necessario.
“Sono quelle cose che puoi fare una volta o due in caso di vera emergenza, ma non conviene. I giornali non stampano smentite, è ovvio. Diminuisce la fiducia del pubblico nella stampa. E poi, si dà l’impressione di non saper fare bene il proprio mestiere. Sarebbe troppo facile se ogni volta che uno ha una notizia in esclusiva, il resto del branco la smentisse. E devo riconoscere che quella di Shumble è stata un’ottima idea...[…] Avrei dovuto pensarci io stesso, se non fossi stato così irritato.”
La “vera emergenza” di cui parla un collega di Boot, in questo caso, non è Informare l’opinione pubblica, bensì inviare necessariamente notizie, per non perdere l’incarico. Ed è proprio un “giornalista” impacciato, maldestro e incompetente come William Boot, a cui nulla importa di ciò che accade oltre il mondo idilliaco della campagna, a diventare famoso, solo perché scopre lo Scoop.
Evelyn Waugh (1903-1966) riesce a smascherare le assurdità del giornalismo attraverso uno stile accattivante, elegante e raffinato, denso di umorismo e satira: la critica è allo stesso tempo evidente e celata, grazie al modo in cui i giornalisti, descritti in atteggiamenti decisamente grotteschi, rappresentano il paradossale mondo dell’Informazione. Anche la traduzione di Francesco Saba merita un apprezzamento, in quanto restituisce da una parte l’umorismo tipico dell’autore e dall’altra, lo stile scorrevole proprio della lingua inglese.
L’inviato speciale, pubblicato nel 1938 ma ancora oggi di estrema attualità, è il romanzo che tutti i futuri giornalisti dovrebbero leggere, da un lato per ribellarsi al sistema che sollecita a inventare la realtà quando non la si può narrare, dall’altro per restituire al giornalismo l’intento con cui è nato: Informare. D’altro canto solo uno dei maggiori scrittori e giornalisti come Evelyn Waugh avrebbe potuto descrivere in modo così brillante la decadenza del giornalismo moderno.
Emma Sentini
Evelyn Waugh
L’inviato speciale
Guanda, Parma, 2004
(trad. it. Francesco Saba Sardi,ed. orig. Scoop: a Novel about Journalists, Chapman & Hall, London 1938).
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