"Ma per adesso il compito più urgente è di raccogliere i materiali. È tempo di aprire un’inchiesta seria sulle false notizie della guerra, perché i quattro anni terribili già si allontanano verso il passato e, prima di quanto si creda, le generazioni che li hanno vissuti cominceranno lentamente a sparire. Chiunque ha potuto e saputo vedere deve sin da ora raccogliere i suoi appunti o mettere per iscritto i suoi ricordi. Soprattutto non lasciamo il compito di svolgere queste ricerche a uomini del tutto impreparati al lavoro storico. […] Affrettiamoci a trarre profitto da un’occasione, che dobbiamo sperare unica."
Bloch, nato a Lione nel 1886 e figlio di un professore di storia antica, dettaglio sicuramente non da trascurare, studiò a Parigi, Berlino poi a Lipsia. Fu ufficiale di fanteria durante la prima Guerra mondiale, e, una volta terminata questa, insegnò all’Università di Strasburgo e poi alla Sorbona. Dovette abbandonare la cattedra di storia economica nel 1939, anno in cui, scoppiata la guerra, decise di arruolarsi nuovamente come capitano addetto ai rifornimenti. Tradito dalla politica ufficiale francese che si era poi alleata con il fascismo, nel 1942 partecipò alla resistenza francese presso Lione. Durante l’occupazione tedesca della Francia, Bloch, per le sue azioni nella Resistenza francese e per le origini ebraiche, dapprima fu fatto prigioniero per qualche mese, dopodiché fu fucilato sempre a Lione dalla Gestapo nel 1944.
Bloch pubblicò le sue riflessioni da storico in numerosi volumi, tra i quali Apologia della storia, e nella rivista "Annales d’histoire économique et sociale", fondata insieme allo storico e amico Lucien Febvre. Seppur i suoi studi si indirizzassero prevalentemente sul feudalesimo, fu uno dei primi storici francesi a interessarsi allo studio comparato delle civiltà e alla storia del pensiero, vista come storia antropologica. Il suo pensiero fonda sulla comprensione del presente mediante il passato e del passato mediante il presente. La sua opera è molto variegata all’interno, ha trattato di storia medievale da studioso, ma ha prestato la sua abile riflessione critica anche agli eventi della sua epoca: le due guerre.
Così variegata al suo interno, la riflessione di Bloch è caratterizzata da un fil rouge che si ritrova in tutti i suoi volumi: la professione dello storico. Questo tema lo ritroviamo anche ne La guerra e le false notizie. Diviso in sue sezioni ben distinte, nella prima parte Bloch ha raccolto i ricordi della prima guerra mondiale trascritti nel proprio diario. Partito per il fronte nell’agosto del 1924, partecipò alla guerra come ufficiale di fanteria durante cinque mesi, sino al gennaio 2015 quando fu costretto a tornare a Parigi a causa di una grave febbre tifoide. Questa prima parte ripercorre i ricordi dello storico impegnato durante numerose battaglie contri i tedeschi, e contro una durissima guerra combattuta in trincea. Il nemico prima ancora del tedesco sembra essere la trincea. Nonostante le insidie quotidiane emerge la straordinaria capacità dei militari di saper apprezzare le piccole cose, come un tozzo di pane in più.
Nella seconda parte invece riflette sulle false notizie che si diffondono durante la guerra. Prima di analizzare dei falsi storici, Bloch rileva l’importanza di una scienza nuova, quale la psicologia della testimonianza, la quale potrebbe aiutare gli storici nella ricostruzione degli eventi. Gli psicologi danno una lezione di scetticismo: in una deposizione normale niente è più inesatto di ciò che tocca tutti i piccoli particolari materiali, come se la maggior parte degli uomini si muovessero con gli occhi socchiusi in un mondo esterno che non si degnano di guardare. In base agli studi della psicologia della testimonianza, dice Bloch, sembrerebbe impossibile dover credere a tutti quei brani descrittivi su episodi da guerra. Il compito dello storico, qualora non avesse assistito agli eventi direttamente, sta nel cercare di eliminare in tutti i modi questo errore. Questa è la prima minaccia per lo storico, la seconda risiede nei falsi racconti tramandati dalla cosiddetta voce pubblica. Queste false notizie pullulano durante gli anni della guerra, sono pericolose poiché hanno il potere di turbare o sovreccitare la folla e i militari. Bloch lo sa bene, in cinque mesi ha assistito alla nascita e diffusione di ciò. Nelle trincee prevaleva l’opinione che tutto poteva essere vero, ad eccezione di quello che si consentiva di stampare. La censura della stampa cui si aggiungeva un rinnovo prodigioso della tradizione orale, porta la società delle trincee a credere senza esitazioni al narratore che viene da lontano, il quale propaga delle notizie sentite di sfuggita senza alcun fondamento. Queste notizie diventavano leggende dotate di una vitalità assai forte che attraversavano la società delle trincee e a ogni passaggio si coloravano di nuove tinte. Bloch sostiene questa tesi portando esempi di false notizie diffuse in trincea, come un nome quale Brema possa diventare nella leggenda Braisne comportando la nascita di notizie piuttosto folkloristiche.
Questo volume vuole essere ricostruzione diretta degli eventi ed esempio di come si ricostruisca la storia da parte di persone che non l’hanno vissuta direttamente. Lo storico, ma anche il giornalista, deve prestare attenzione alla voce pubblica che tramanda false leggende che talvolta sono presentate come notizie vere. Il libro di Bloch termina però con un’esortazione poiché, di fronte al propagarsi di queste false notizie, è necessario che coloro i quali abbiano vissuto gli eventi direttamente raccolgano ciò che hanno visto per costituire la memoria storica. Qui risiede la peculiarità di Bloch, per lui il lavoro dello storico risiede nel ricostruire eventi lontani nel tempo sapendo discernere tra verità e falsa notizia, ma contemporaneamente costituire memoria storica del presente per il futuro.
Valentina Fiori
Marc Bloch
La guerra e le false notizie. Ricordi (1914-1915) e riflessioni (1921)
Fazi Editore, Roma, 2014, 120 pp.