Anche
ai migliori capita di guardare avanti, provare paura e desiderare di tornare
sui propri passi. L’uomo occidentale ama ritenersi tale, con quel pizzico di
presunzione che lo contraddistingue, sentendosi forte di secoli di storia
fatta, a suo dire, di soli progressi.
Oggi
il progresso sta nel cogliere una sfida senza precedenti: dopo oltre 2000 anni
di conflitti e passi in avanti lenti e faticosi, col fiato ancora corto, siamo
tutti chiamati a compiere un ultimo balzo in avanti e proiettarci
definitivamente nel futuro. Il futuro, quello vero, dove gli errori del passato
non sono ammessi.E sono questi che Umberto Eco condanna nel suo libro A Passo
di Gambero, in tutte le librerie dal 4 marzo 2016. Il libro, già uscito presso
Bompiani nel lontano 2006, è stato rilanciato dalla neonata casa editrice, La
Nave di Teseo, voluta fortemente da Eco stesso. Il testo ha l’importante
compito di inaugurare una nuova scia di pubblicazioni, si spera prolifera, e di
rendere omaggio al grande scrittore, in occasione della sua scomparsa. Lo scopo
delle casa sembra quello di porsi come ultima roccaforte in un panorama
editoriale, quello italiano, che tende alla desolazione. È paradosso contro
paradosso. Il paradosso delle nave, contro il paradosso di una società che
affonda le sue radici nella cultura che rinnega sé stessa.
E
allora non è un caso che sia stato scelto questo libro, che si ripresenta al
grande pubblico con una nuova veste grafica, degna delle migliori prove di
Calvino editore. Gli sarebbe piaciuta, ad Eco, che sicuramente aveva bene in
mente il tema della leggerezza mentre scriveva i testi che lo compongono. Nel
libro, infatti, sono presenti una raccolta di scritti comparsi tra il 2001 e il
2005. Nello specifico si tratta di interventi fatti per diversi giornali. È l’alba
di un nuovo secolo e di un nuovo millennio, che lo scrittore racconta di aver
atteso con ansia. I testi appartengono dunque ad un periodo molto circoscritto,
ma i temi proposti vengono affrontati scavando nel loro passato e non manca di
fornire una prospettiva per il futuro, ove possibile. I temi sono di quelli che
dividono: la guerra, la politica, la storia, la religione ei mass media. Tutto
ciò che più ci circonda e pervade le nostre vite. Tutto ciò che muta
velocemente e, mutando, muta anche noi.
Con
lo stile che lo contraddistingue, Eco riflette con lucidità su un presente che
rischia di avere il sapore amaro del passato, fatto di scelte troppo spesso
sbagliate. Pur scrivendo in una società così vicina, ma allo stesso tempo
lontana, dai grandi cambiamenti che l’hanno stravolta di recente. Non manca di conferire
ai suoi scritti un risvolto sempre attuale che permette loro di travalicare
ogni confine imposto dalla nostra natura fragile. Ed è quello che fanno i
saggi: volano alto sopra le cose come noi le conosciamo e osservano la realtà
con sguardo disincantato. Oggi, più che mai, è richiesto un atto di fede nei
valori in cui professiamo di credere o nulla avremo imparato dalla lezione del
secolo breve.
Sembra che siamo cascati di nuovo nel giogo della
propaganda, dove c’è chi pecca di ignoranza e chi di disfattismo. Ci siamo
ritrovati in mezzo a guerre narrate in modo troppo superficiale per essere
comprese a fondo, tanto da non capire la ragione della massa di disperati che
si riversa sulle nostre coste. A proposito dei migranti, stiamo rispolverando
la retorica di settant’anni fa, addolcita per ipocrisia, per giustificarne un
rimpatrio, senza che ne vengano specificate le modalità. È il ritorno del disprezzo
dell’altro, dello straniero, di ciò che non conosciamo. Oggi rischia di venirci
negato il diritto al dissenso. Quel diritto che gli Americani sostengono di
averci insegnato, dopo essere sbarcati in Normandia e ritrovandosi delusi di
fronte alle risposte di chi ha voluto negargli un aiuto in Iraq. Mancanza di
gratitudine? No, semplice buonsenso: il terrorismo non
si sconfigge esacerbando un odio che più volte si è palesato sotto i nostri
sguardi. E con ottimi risultati, per i terroristi, che banchettano sui
fallimenti delle nostre prove morali. Oggi il mondo si divide tra chi inneggia
all’odio e chi fa spostare un pianoforte e inizia a intonare Imagine di John
Lennon, invitando i presenti a scavare nel profondo e dare solo il meglio di sé
in questa assurda lotta. E forse Eco ha ragione quando ricorda che noi Europei
in questo senso siamo più forti: sappiamo cosa vuol dire essere attaccati in
casa nostra. Sappiamo cosa vuol dire rinunciare per sempre a luoghi preziosi
per colpa dei bombardamenti. Forse, senza rendercene conto, lo sappiamo anche
noi della nuova generazione, che non abbiamo conosciuto da vicino l’assurdità
della guerra. Farebbe ormai parte di una memoria comune che ci rende parte di
qualcosa di più grande.E infatti dei risultati sono stati ottenuti, ma questi
rischiano di essere spazzati via per delle minuzie. È straordinario che inglesi
e francesi non vogliano più farsi la guerra e sentano di appartenere ad una
realtà nuova che va difesa, in nome dell’interesse comune, ma la vera unità
dell’Europa sembra lontana. Ciò che rende un italiano un italiano, uno spagnolo
uno spagnolo sembra pesare di più di ciò che rende un uomo o una donna
cittadini europei. La prospettiva per il vecchio continente sarà più ingloriosa
di qualunque guerra, se non saprà trovare quella coesione di cui ha bisogno,
finendo nel dimenticatoio dopo essere stato faro di civiltà lungo i secoli.
Tutto
questo trova il posto in un sogno di Eco, con i connotati dei peggiori incubi.
Il mondo come oggi lo conosciamo, travolto da una guerra senza precedenti,
viene spazzato via. Si salvano alcune zone dove gli essere umani riscoprono
vecchie abitudini: dalle passeggiate in campagna, alla lettura di un libro, ai
racconti intorno ad un fuoco. Ma, fortunatamente per noi, non è necessaria una
nuova guerra globale per tornare ad apprezzare le piccole cose. Basterebbe spegnere
il computer, consumare di meno, ma non solo. Serve, soprattutto, volerlo per
davvero. Ogni altro passo indietro ci farebbe inciampare su errori di vecchia data
e ci trascinerebbe in una catastrofe senza fine. Oggi l’abisso ci osserva,
dobbiamo solo decidere se fare l’ultimo, definitivo, balzo in avanti o tornare
indietro, a passo di gambero.
Federica Coretto
Umberto Eco
A
Passo di Gambero
La Nave di Teseo, Milano, 2016 (prima edizione Bompiani, 2006).
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