DERBY! edito nel
2015, è la raccolta di tutti gli articoli del giornalista sportivo Gianni Brera
pubblicati in occasione del derby di Milano, la partita tra l’A.C. Milan e la
F.C Internazionale Milano.
L’opera è stata
pubblicata dopo la morte dell’autore per volontà di Paolo Brera, terzogenito del giornalista Gianni Brera e anch'egli
scrittore come il padre.
Il volume
comprende la cronaca delle partite di calcio disputate tra il 1956 e il 1992,
ed è inoltre una preziosa testimonianza dei cambiamenti che sono avvenuti in
una città come Milano. La narrazione inizia dal boom economico avvenuto alla
fine del secondo conflitto bellico e termina nel 1992, periodo in cui le due
società sportive sono di proprietà degli imprenditori milanesi Ernesto
Pellegrini e Silvio Berlusconi mentre Milano, è ormai una metropoli affermata e
famosa in tutto il mondo.
La scelta di
concentrare l’attenzione dell’opera sulla stracittadina è interessante: Il
derby è una partita molto diversa da tutte le altre che si giocano durante la
stagione; lo stadio è colmo di tifosi provenienti dalla stessa città, la
distanza territoriale è quindi nulla, i posti a sedere sono tutti esauriti;
durante la partita entrambe le squadre vengono sospinte e incitate dai propri
tifosi per tutti i novanta minuti. Il cantante Adriano Celentano cantava “Eravamo
in 100.000” per indicare il numero di tifosi presenti allo stadio in
occasione del derby, un evento che quasi scandisce il tempo della città.
La rivalità tra
le due formazioni, nata nel 1909 a causa della creazione dell’Internazionale
Milano da parte di alcuni dissidenti dell’A.C. Milan, con il passare degli anni
assunse anche caratteri politico e sociali.
Per la prima metà del
XX secolo la tifoseria milanese era per la maggior parte divisa a seconda dell’estrazione
sociale di provenienza: il tifoso interista proveniva dalla classe borghese
mentre il tifoso milanista dalla classe operaia e popolare, in un periodo
storico in cui la lotta di classe era particolarmente sentita. I soprannomi con
le quali le due tifoserie si apostrofavano dipendono da questa differenza di classe. I tifosi
milanisti, per esempio, venivano chiamati “casciavit” (cacciavite) o “tramvèe”(tramvai), per la appartenenza alla
classe operaia, mentre i tifosi nerazzuri erano scherniti con epiteti come “bauscia”(sbruffoni)
o “muturèta” (perché potevano
permettersi il privilegio di poter andare allo stadio in moto); questo dualismo
ancora oggi sopravvive ma ha perso molto della natura socio politica che
l’aveva contraddistinta nel corso degli anni.
In occasione del
derby, gli abitanti della città sono stipati sugli spalti dello stadio: mentre
sostengono e incitano la propria squadra i rapporti di parentela e di amicizia
passano in secondo piano per quell’ora e mezza di gioco, come è stato per
Franco e Beppe Baresi, non a caso scelti per la copertina per rappresentare in
un’immagine il concetto di derby milanese. I due fratelli incarnano in pieno lo
spirito del derby milanese; fratelli che si ritrovano in campo come avversari
in una sfida senza alcuna esclusione di colpi, nel pieno rispetto
dell’avversario per fare in modo che la propria squadra prevalga sull’altra.
Le sfide fra le
due rivali milanesi sono raccontate ed analizzate da Gianni Brera con uno stile
ed un linguaggio giornalistico che, fino ad allora, non si erano mai visti
nella comunicazione italiana.
La seconda meta
del XX secolo vede Gianni Brera nei panni del protagonista principale della
cronaca sportiva, dato che egli riesce a dare vita a uno stile giornalistico
innovativo e moderno, basato sulla vena letteraria e narrativa.
La prosa si
sposa e si intreccia con la cronaca sportiva; il frutto è un cocktail frizzante
di piacevole lettura.
Il lettore si
ritrova immerso in una lettura scorrevole e difficile da abbandonare. La
cronaca sportiva è rifinita preziosamente dal giornalista lombardo con termini
e neologismi, utilizzati ancora oggi, e divenuti iconici per questo sport.
Di particolare
importanza è il lessico di Gianni Brera; il giornalista è solito utilizzare
spesso termini propri del dialetto in maniera particolare quello milanese,
avvicinandosi così con il lettore medio.
La scelta
dell’utilizzo del dialetto è molto importante dal punto di vista storico:
l’Italia è ancora una nazione giovane, nata da nemmeno un secolo i tassi di
analfabetismo sono ancora elevati e la maggior parte degli popolazione italiana
parla solamente il proprio dialetto regionale. Il giornalista di San Zenone Po
attraverso le sue opere vuole tentare di elevare le forme dialettali dal
momento che queste sono vere e proprie forme linguistiche.
“Io non penso in
italiano, penso in dialetto perché sono un popolano”. Con questa
frase si può facilmente riassumere tutto il pensiero e l’opera di Gianni Brera.
L’intento del
giornalista milanese è quello di portare modi di dire, pensieri e termini
regionali all’interno di una lingua italiana universale e comprensibile in
tutta la penisola.
Brera vede come
il dialetto, unica lingua conosciuta per la maggior parte della popolazione,
come un mezzo per accompagnare milioni di italiani nel processo di
alfabetizzazione dal dialetto all’italiano. Questo processo tuttavia deve
tenere conto delle peculiarità dei singoli dialetti salvando e valorizzando ciò che si può portare in
italiano.
Per molto tempo
il giornalismo sportivo era stato considerato come una forma di giornalismo di
secondo piano. Il giornalista di San Zenone Po invece, per tutta la sua
carriera, è un fermo sostenitore della cronaca sportiva. Lo sport è una di
quelle forme che unisce le masse sotto un’unica bandiera spingendole a tifare
per essa, uno di quei rari momenti in cui è possibile vedere un’intera nazione
unita.
La pagina
sportiva è da sempre la pagina più letta e amata dai lettori, la pagina che
colpisce l’immaginario collettivo e che permette ai lettori di fantasticare
sulle imprese dei propri beniamini.
Dato che lo
sport gode di questa posizione privilegiata, chi si occupa di cronaca sportiva deve
agire di conseguenza; la prosa deve coinvolgere e trattenere l’attenzione del
lettore e la cronaca deve avere una funzione pedagogica e istruttiva;
avvicinare gli analfabeti a un utilizzo corretto dell’italiano e combattere
anche l’analfabetismo di ritorno, che oggigiorno è una vera e propria piaga.
Lo stile di
Gianni Brera è quindi un misto di narrativa e riferimenti alla cultura
classica; al giornalista milanese si
deve l’introduzione di molti termini calcistici tuttora utilizzati.
Questi termini hanno
tra le origini più svariate; tra i termini proposti da Brera ricordiamo intramontabile
che deriva dalla letteratura classica greca; con questo termine si indica un
giocatore che nonostante l’età avanzata non ha perso lo smalto. Il termine melina
invece deriva dal dialetto bolognese e viene utilizzato per indicare quella
fase del gioco nella quale una squadra cerca di controllare la palla per più
tempo possibile. Il termine goleador deriva dalla spagnolo toreador
della corrida. All’estro di Gianni Brera si deve anche l’introduzione del
termine incornare con cui si fa riferimento a quando un giocatore riesce
a trovare la rete grazie a un colpo di testa e superare i propri marcatori.
Questa immagine legata al mondo della
corrida spagnola e l’attaccante viene paragonato a un toro.
Alla penna e
alla vena artistica di Gianni Brera si deve anche l’adozione di alcuni
nomignoli per alcuni giocatori, questi soprannomi creati dal giornalista sono
rimasti legati in maniera indissolubile all’immagine dei singoli giocatori e
che pronunciati ancora oggi evocano ricordi nell’immaginario dei tifosi.
Gianni Brera per
indicare il difensore Franco Baresi, coniò il termine “piscinin” che nel
dialetto milanese significa piccolino; questo appellativo faceva riferimento sia
al fatto che Franco non era di statura molto elevata per giocare nel ruolo di
difensore, ruolo che tuttavia ricopriva in maniera maestosa e che inoltre era
il fratello minore di Beppe Baresi anch'egli giocatore e rivale in campo.
Un altro
soprannome creato dal giornalista milanese é “bonimba”, per indicare
l’attaccante Roberto Boninsegna. Il termine nasce dall’unione del cognome del
giocatore con la parola “bagonghi” con cui si indicavano i nani da circo.
Questo soprannome nasce dall’aspetto fisico dell’attaccante che, nonostante la
bassa statura, riusciva facilmente a superare i difensori avversari e a
sgusciare tra essi quasi come un nano da circo.
Giovanni Lodetti
viene soprannominato “blasetta”, che nel dialetto milanese indica il
mento pronunciato, caratteristica fisica che lo contraddistingueva.
Il mediano
Gabriele Oriali viene ribattezzato come “piper” perché questo giocatore
correva rapido per il terreno di gioco e rimbalza da una parte all’altra del
campo quasi come la pallina di un flipper, questa sua caratteristica lo rese un
idolo per i suoi tifosi.
Mario Corso
viene apostrofato come participio passato del verbo correre, vista la
sua poco dinamicità.
Gli eterni
rivali Sandro Mazzola e Gianni Rivera sono soprannominati mazzandro e abatino.
Grazie a queste
espressioni Brera riesce ad avvicinare i lettori ai propri idoli sportivi, che
diventano quasi dei familiari per i tifosi. I lettori si trovano immersi nella
lettura degli articoli sportivi e lo affrontano come un romanzo in cui vengono
raccontate le gesta dei loro beniamini.
Il lettore si
trova così costretto a leggere tutto l’articolo per scoprire il finale e
scoprire come il proprio idolo sportivo è riuscito a superare l’avversario.
Lo stile di
scrittura di Gianni Brera può ricordare lo stile dell’epica classica; la
nazione italiana era nata da nemmeno un secolo, si sentiva il bisogno di eroi
comuni a tutta la nazione che potessero unire tutti i tifosi e gli amanti dello
sport sotto un’unica bandiera, quella italiana; attraverso i suoi articoli di
cronaca riuscì a dare agli amanti dello sport quegli idoli e quegli eroi che,
superavano gli avversari e compivano imprese come gli eroi dei poemi omerici.
In questi quasi
40 anni di cronaca sportiva Gianni Brera ha accompagnato milioni di tifosi
delle formazioni milanesi attraverso grandi vittorie, traguardi ma anche
attraverso sconfitte e delusioni.
Brera ha
accompagnato più di una generazione di lettori sportivi, facendo da modello per
molti che si sono avvicinati a questo settore. Negli anni in cui il cartaceo
era la principale forma di informazione per gli italiani, per la maggior parte
analfabeti, egli grazie alla sua penna e all’utilizzo si semplici parole
riusciva a creare immagini forti, molte vicine alla realtà con un leggero contorno poetico, epico e oggi
anche un po’ nostalgico. Avvicinò milioni di italiani alla lettura di
un prodotto giornalistico degno di questo nome elevando anche lo sport a una
funzione pedagogica e istruttiva, cosa forse oggi dimenticata o passata in secondo
piano.
Gianni Brera in
molti dei suoi articoli, anche grazie ai riferimenti alla cultura classica,
riesce a portare i lettori sportivi italiani a conoscere quelle figure iconiche
dell’epica, che non avrebbero avuto altro modo di conoscere.
Francesco Vallerga
Gianni Brera
DERBY!,
BookTime,
Milano, 2015.
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